> > Smart working: servono contratti e regole secondo la Cgil

Smart working: servono contratti e regole secondo la Cgil

Smart working: "Servono contratti e regole"

La Cgil preme affinché nascano contratti di lavoro per quanto riguarda lo smart working, che dovrà inoltre essere regolamentato.

Lo smart working sta rivoluzionando il modo di lavorare durante il Coronavirus, ma servono contratti e regolamentazioni per tutelare chi passa le sue giornate collegato in questa modalità. Per questo motivo, la Cgil assieme alla Fondazione Di Vittorio hanno presentato un’indagine sul lavoro da remoto ed alcune relative richieste.

Smart working: servono regole e contratti

Secondo la ricerca, l’82% degli italiani in smart working è costretto a questa modalità per via della pandemia, solo il 31% di loro avrebbe voluto farlo già da prima. Solo in un terzo dei casi è stato possibile stipulare un accordo lavoratore-datore di lavoro, pochi non disponevano di spazi e strumenti adeguati.

Per il 37% degli intervistati, il lavoro da remoto è stato attivato in accordo con il datore di lavoro, per il 36% in maniera unilaterale e per il 27% dopo una negoziazione con l’intervento di un sindacato. “Lo smart working è in realtà lavoro fordista dentro le mura di casa”, ha dichiarato l’ex segretaria generale Cgil Susanna Camusso, sottolineando la forzatura della modalità lavorativa, “Il 68% delle donne lamenta che non c’è una maggiore condivisione del lavoro domestico anche se il 52% degli uomini ritiene che ci sia. È maggiore la condivisione del lavoro di cura dei figli ma per le donne si ferma al 45%.

Pro e contro dello smart working

Molti però si sono detti favorevoli a continuare così anche a pandemia conclusa (60%) anche se non tutti i giorni e non sempre da casa. “Gli strumenti che abbiamo sono il contratto collettivo nazionale e il contratto aziendale. Nei nuovi contratti bisogna affrontare tutte le questioni e i problemi emersi sull’applicazione dello smart working, dalla formazione al diritto di disconnessione”, spiega il leader della Cgil Maurizio Landini.

Bisogna dunque prevedere delle pause, fare distinzioni di lavoro diurno e notturno, festivo e nei weekend, stabilire quali mezzi utilizzare ed evitare le discriminazioni di genere. Fra i lati negativi del lavoro da casa c’è però la questione psicologica, ovvero l’incidenza di questo sulla sfera emotiva: stress e ansia sembrano essere caratteristiche comuni di chi lavora con questa metodologia, crescono insicurezza, solitudine e incertezza sul futuro in forte correlazione con la questione pandemia.