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Coronavirus, in Cina il 21 maggio riapre il Parlamento

coronavirus cina Geng Shuang

In Cina, dopo il picco dei contagi da coronavirus, sta ripartendo l'attività parlamentare: prime sedute 21 e 22 maggio. I deputati tornano al lavoro.

Dopo il picco dell’emergenza coronavirus la Cina riapre il Parlamento. È quanto annunciato da Pechino che ha comunicato la ripartenza delle sessioni parlamentari a partire dal 21 e dal 22 maggio. In particolare il 21 maggio è convocata la Conferenza consultiva politica del popolo cinese (Cppcc) mentre il 22 maggio il Congresso nazionale del popolo (Npc). Si tratta dei due rami del parlamento asiatico: l’Npc è il ramo legislativo. La pandemia di coronavirus in Cina aveva anche bloccato l’evento evento politico ed economico più importante dell’anno noto come lianghui, ovvero le due assembleee.

Coronavirus, la ripartenza in Cina

La notizia della ripartenza del Parlamento segue quella del rientro a scuola per migliaia di studenti di Pechino e di Shanghai. Un ulteriore passo in avanti verso un ritorno alla normalità, insomma. Come nelle scuole è probabile che anche in Parlamento verrà misurata la temperatura corporea all’ingresso degli edifici. Gli studenti, inoltre, devono mostrare anche il codice verde sulla app che aggiorna il rischio di infezione personale. Altre scuole ed altre attività ripartiranno in Cina nelle prossime settimane, compresi college ed università.

Attacchi esterni: disinformazione

Oltre a programmare la ripartenza dopo l’incubo coronavirus, però, la Cina è anche impegnata a difendersi dagli attacchi sull’inizio della pandemia provenienti da più parti. Bisogna ricordare che il presidente Usa Donald Trump spesso parla di indagini sulla genesi della pandemia a Wuhan e di presunte responsabilità di Pechino. L’ultima bufera si è scatenata a seguito della pubblicazione di un articolo del New York Times in merito al presunto tentativo cinese di aver fatto pressioni sull’Unione Europea (Ue) affinché annacquasse un rapporto sulle responsabilità cinesi sulla disinformazione in merito al virus.

“Noi vittime”

La Cina ha comunque negato le accuse affermando anzi di essere essa stessa vittima della disinformazione e non promotrice. “La Cina si oppone alla creazione e alla diffusione di disinformazione da parte di qualsiasi persona e organizzazione”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang.