> > Polonia, le manifestazioni a sostegno dell’aborto non si fermano

Polonia, le manifestazioni a sostegno dell’aborto non si fermano

Polonia aborto

Da giorni, la Polonia protesta contro la decisione del Tribunale costituzionale di apportare modifiche restrittive alla legge sull’aborto.

Il Tribunale costituzionale della Polonia ha emanato una sentenza che dichiara illegale l’aborto nel caso in cui venga diagnosticata una malformazione del feto. Da giovedì 22 ottobre, migliaia di cittadini manifestano in numerose città polacche contro la sentenza. Le rimostranze sono rivolte principalmente verso il Tribunale costituzionale, il partito populista di destra Diritto e Giustizia (PiS), che è a capo della nazione, e la Chiesa Cattolica, da tempo bersaglio di molte critiche a causa della sua ingerenza in ambito politico.

L’origine delle manifestazioni pro aborto in Polonia

Le proteste sono nate in seguito al susseguirsi di vicende politiche: alcuni parlamentari, infatti, hanno dichiarato che scegliere di interrompere una gravidanza in seguito a una diagnosi di malformazione del feto sia una violazione dei principi espressi dalla Costituzione polacca tra i quali, per l’appunto, la difesa della vita. Pertanto, si sono appellati alla Corte costituzionale che ha esaminato la questione. Il riesame si è concluso con l’emanazione della sentenza del Tribunale che, modificando la legge del 1993 circa l’aborto, ha dichiarato incostituzionale l’interruzione di gravidanza in presenza di marcate malformazioni fetali. La legge del 1993, già una delle iniziative europee meno inclini a concedere il diritto di scelta alle donne, viene così ulteriormente ristretta permettendo l’aborto unicamente in caso di minaccia alla vita della madre, incesto o stupro. Tali circostanze risultano pari soltanto al 2,4% degli aborti effettuati ufficialmente nel 2019 presso strutture ospedaliere polacche.

Inoltre, è da segnalare che, nonostante la nuova legge non sia ancora in vigore, molti ospedali stanno annullando appuntamenti già programmati per svariate interruzioni di gravidanza. La probabilità che le donne, non sentendosi più tutelate dal proprio paese, scelgano di ricorrere in misura sempre maggiore all’aborto clandestino o di recarsi all’estero Germania, Ucraina, Repubblica Ceca, Slovacchia – per sottoporsi alla procedura è in costante crescita.

Sviluppo delle proteste a sostegno dell’aborto

Secondo quanto affermato dagli organizzatori, le proteste che si stanno incessantemente susseguendo da giovedì 22 ottobre, hanno coinvolto più di 150 città e rappresentano uno dei fenomeni di maggiore portata avvenuti negli ultimi anni. In oltre 50 centri urbani, la folla di manifestanti ha paralizzato diverse strade principali, impedendo l’accesso alle auto.

In risposta alle dimostrazioni di dissenso, sono state rapidamente organizzate diverse contro-manifestazioni fomentate da esponenti di estrema destra e si sono verificati scontri con le forze dell’ordine.

Tra sabato e domenica, oltre ai cortei in strada, i manifestanti hanno deciso di fare irruzione in svariate chiese cattoliche al fine di impedire il regolare svolgimento di messe e qualsiasi altra celebrazione religiosa.

Le irruzioni sono state accompagnate da slogan urlati contro i cattolici. A Varsavia, ad esempio, i manifestanti hanno invaso una chiesta gridando «Preghiamo per il diritto all’aborto!». Nella zona occidentale del paese, nella cattedrale di Poznan, hanno ammonito i presenti con le parole «Anche i cattolici hanno bisogno dell’aborto!».

Nel fine settimana, uno dei maggiori esponenti polacchi dell’estrema destra, Robert Bąkiewicz, ha dichiarato l’istituzione di una guardia nazionale a tutela degli ideali di destra e da schierare per proteggere i luoghi ecclesiastici dalla folla in subbuglio. In seguito a questa dichiarazione, numerosi cortei si sono diretti a Varsavia per protestare in prossimità del palazzo presidenziale. In questa circostanza, uno dei cartelli esibiti nella giornata di lunedì riportava la frase «Vorrei abortire il mio governo!»

Difesa dell’aborto oltre il Covid-19

Le rimostranze dei manifestanti non si placano con il passare dei giorni né con il divieto di assembramento per raggruppamenti che superino le cinque persone. Il divieto è stato emanato dal governo per impedire il dilagare del Covid-19 nella nazione che, come il resto d’Europa, stenta a contrastare la crescita esponenziale dei contagi.