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Il giro degli avvoltoi circonda il rischio-Italia

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Il costo del “rischio Italia” ha fatto un balzo del 3,32%, pari a 332 "punti base": un pessimo segnale in una fase estremamente critica per il Paese.

Il colpo di “Bazooka” anti-inflazione di Christine Lagarde ha lasciato il segno sui mercati: il rialzo dello 0,75% dei tassi BCE (e le altre misure di controllo della liquidità annunciate a Francoforte) ha sollevato (come era prevedibile) un’ondata di vendite sui Titoli di Stato, in particolare sui Bund tedeschi e i BTP italiani.

Il rendimento delle obbligazioni tedesche a due anni è schizzato in rialzo di 23 punti base all’1,33%, il secondo più grande balzo dal 2011, mentre quello dei Bund a 10 anni sono saliti di 18 punti all’1,7% all’1,71%.

Molto peggio, soprattutto in termini “ psicologici” , è andata al debito italiano. I rendimenti dei BTP sono saliti ieri oltre la soglia tecnica del 4% al 4,077%, avvicinandosi al massimo del 4,22% segnato il 14 giugno scorso. Rispetto al settembre 2021, il costo del “rischio Italia” ha fatto un balzo del 3,32%, pari a 332 “punti base”: in termini di “ appeal”, i Buoni decennali del Tesoro sembrano tornati sotto il tiro dei mercati come nel 2016 e nel pieno della Pandemia: un pessimo segnale in una fase estremamente critica per il Paese, sia per la crisi energetica che sembra fuori controllo, sia per le incertezze sul dopo-voto alle elezioni di fine settembre. In ogni caso, la volata dei tassi italiani negli ultimi mesi diventa ancora più impressionante se si pensa che il minimo storico dei rendimenti BTP (0,448%) era stato toccato l’11 febbraio 2021, con la nomina di Mario Draghi a Presidente del Consiglio: che cosa accadrà con il prossimo governo, è ancora del tutto imprevedibile.

Ma per avere un’idea più chiara della reale tensione sul “caso Italia”, bisogna spostarsi su un altro mercato altamente speculativo, quello delle “polizze assicurative” sul rischio di default dei Titoli di Stato, i “famigerati” CDS, o Credit Default Swap: il terreno di caccia dei fondi avvoltoio che speculano sulle crisi finanziarie. Per i neofiti, il CDS è un derivato finanziario che consente a un investitore di scambiare o compensare il proprio rischio di credito con quello di un altro investitore: per scambiare il rischio di insolvenza, il creditore acquista un CDS da un altro investitore che accetta di rimborsare il prestatore nel caso in cui il mutuatario sia inadempiente. Più il valore del CDS è alto, più un debito è costoso da assicurare.

Ebbene, il valore di un contratto CDS sul rischio di insolvenza dell’Italia sui BTP a cinque anni è salito ieri a quota 149, pari a un balzo del 103,3% sul settembre 2021: ciò significa, secondo i parametri tecnici, che la “probabilità implicita di un default” del Tesoro su quei bond è “ solo” del 2,5%, su un possibile tasso di recupero del 40% dei capitali investiti. Al contrario delle apparenze, infatti, le “polizze” sul default dei BTP collocano l’Italia al settimo posto nella classifica dei 10 Paesi più rischiosi del mondo in termini di valore dei CDS: peggio dell’Italia (148,40) ci sono solo il Messico (160,38), la Polonia (166), la Grecia (167,90), il Brasile (245), la Turchia (784) e infine la Russia (13,775). Nella classifica del valore dei CDS sul debito di 25 nazioni del mondo, l’Italia è addirittura al 19esimo posto in termini di rischiosità. Per la cronaca, il valore dei CDS sui BTP a cinque anni ha raggiunto il massimo storico (286,10) il 21 novembre 2018, mentre il minimo (68,8) è stato segnato il 18 settembre 2021, quando l’Italia sembrava uscita bene dal tunnel della Pandemia.

Quando si parla di mercati, le cifre non lasciano spazio alla retorica sulla situazione del Paese: il debito è tornato nel mirino della grande speculazione. Le elezioni contano, ma la differenza la faranno i programmi di chi governa: il mercato finanziario non è di destra né di sinistra, sposta i capitali dove trova le migliori condizioni. Nel buio di questa crisi, realismo e concretezza saranno l’unico modo per (ri)accendere la luce in fondo al tunnel.