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Murubutu, il prof di filosofia che propone rap culturale

Murubutu

Intervista esclusiva ad Alessio Mariani, in arte Murubutu, che ci svela in anteprima alcuni dettagli sul suo nuovo album "Tenebra è la notte".

L’uscita del nuovo album “Tenebra è la notte” è alle porte: sarà, infatti, il 1° febbraio la data del lancio del terzo concept album di Murubutu. Il rapper emiliano racconta a Notizie.it alcuni retroscena relativi al suo nuovo disco e alla sua idea di musica.

Dopo ‘Gli ammutinati del Bouncin’ ovvero mirabolanti avventure di uomini e mari‘ e ‘L’uomo che viaggiava nel vento e altri racconti di brezze e correnti’, nei quali i temi preponderanti erano rispettivamente il mare e il vento, immergiamoci alla scoperta del nuovo lavoro del rapper emiliano, nel quale l’argomento principale è la notte.

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Chi è Murubutu?

Professore, cantante ed esperto letterario: questo è Alessio Mariani. Nato a Reggio Emilia nel 1975, di mestiere fa sia il cantante, che il professore di storia e filosofia presso il liceo Canossa di Reggio Emilia. Particolare e ricercata è la musica che propone: un rap completamente rivoluzionario ed inedito. Gli argomenti principali sono, infatti, di ispirazione letteraria.

Tantissimi sono i temi affrontati nei suoi testi, colmi di descrizioni dettagliate e storie particolari. Una forma musicale che ricorda i grandi cantautori italiani come De Andrè e Guccini, che si prefigge lo scopo di diffondere contenuti culturali attraverso le canzoni.

L’intervista

Chi è Alessio Mariani e chi è, invece, Murubutu?

Alessio Mariani è un insegnante del Liceo Canossa di Reggio Emilia di storia e filosofia, Murubutu è un rapper con una curvatura fortemente cantautorale.

Come vive il connubio cantante-insegnante? Come interagiscono i due mestieri?

Sono in un’ottima relazione: io penso di fare la stessa cosa sia in cattedra che sul palco. Cerco sempre di veicolare dei concetti di tipo culturale in modo accattivante.

Come si relazionano con lei i suoi studenti sapendo del suo secondo mestiere?

Gli studenti mi conoscono artisticamente, ma nella quotidianità si dimenticano che io sia un artista. La priorità rimane la didattica e l’insegnamento.

Solitamente sono contenti i suoi alunni di averla come insegnante?

Si, sono contenti nella misura in cui gli amici dicono loro ‘hai come professore Murubutu’. Io sono un insegnante molto tradizionale. Sono contenti specialmente quando si parla di musica, però nella quotidianità sono molto simile a tutti gli altri insegnanti.

I suoi studenti la seguono anche ai concerti?

È capitato, però mi hanno già tutti i giorni a scuola e questo solitamente non li invoglia particolarmente.

Lei che vive nell’ambiente scolastico, a stretto contatto con i giovani, cosa pensa delle nuove generazioni, cresciute con i social network che raccontano tutto e niente del mondo che ci circonda?

La mia esperienza mi porta a dire che queste nuove generazioni hanno una modalità di fruizione della realtà modificata rispetto a quella di qualche decennio fa. Chiaramente tutto è più in superficie e, soprattutto, non esiste più un contatto vero e proprio con una realtà oggettiva, ma con quella che uno si costruisce autonomamente sui social.

Tornando alla musica, come e quando si è avvicinato a questo mondo?

Sono sempre stato interessato al mondo della musica, ne sono stato sempre attratto fin da quando ero piccolo. Poi ho iniziato a scrivere e ho trovato nella forma canzone la modalità più idonea per la mia scrittura, anche se ho scritto anche poesie e racconti.

Qual è il suo genere preferito?

Diciamo che i miei gusti sono cambiati nel corso degli anni. Ho iniziato con il metal per poi passare all’hardcore. Con il tempo mi sono avvicinato sempre di più al rap e al reggae. Ora ascolto un po di tutto.

Passando ora al genere musicale che lei propone: come lo descriverebbe?

Lo definirei semplicemente rap narrativo.

Dove nasce l’esigenza di comunicare il suo messaggio con queste modalità?

Sicuramente c’è una deformazione professionale che mi porta a inserire contenuti culturali nella mia musica. Il mio lavoro influenza molto quello che faccio: gli input che ricevo dallo studio quotidiano sfociano nelle mie canzoni. In secondo luogo, è importante anche l’amore per la letteratura e per la narrativa. Secondo me, il rap è lo strumento perfetto per comunicare messaggi di questo tipo: hai più parole a disposizione, hai una comunicazione più diretta ed è il genere che utilizza al meglio anche le figure retoriche.

Parlando del nuovo album, in uscita il 1° febbraio, ‘Tenebra è la notte’. Come lo descriverebbe?

‘Tenebra è la notte’ è il mio terzo concept album in cui tutti i racconti hanno come minimo comune denominatore un tema portante, che, per l’appunto, è la notte. È, infatti, un album notturno nelle atmosfere, ma allo stesso tempo anche variegato. La notte viene vista sotto tanti punti di vista diversi, con diverse sonorità.

Prendendo in esame gli album precedenti, il tema principale è sempre stato un evento naturale. Come mai?

Io sono un paesaggista, la mia scrittura è molto descrittiva. Infatti, mi ispiro fortemente al naturalismo francese. Di conseguenza, ho necessità di denominatori che mi permettano di descrivere diversi ambienti.

Quali sono le sue principali influenze, sia per la parte di scrittura sia per la parte musicale?

Per la parte di scrittura è fondamentale il naturalismo con tutte le sue varianti nazionali: quello russo, quello francese e anche quello italiano. Io comunque leggo di tutto: anche la letteratura contemporanea è fonte di ispirazione. Dal punto di vista musicale ascolto diversi rapper americani e anche italiani. Mi è piaciuto molto l’ultimo lavoro di Apollo Brown, un rap molto classico e lontano dalla trap dominante di questo periodo. Un altro artista che mi piace ascoltare è Collie Buddz, che fa dancehall e reggae. Mi piace molto anche la musica rilassante, specialmente il pianismo minimale.

Nella musica italiana sono pochissimi gli artisti che attualmente fanno uso dello storytelling. Quali sono gli artisti che stanno cercando di muovere verso questa direzione?

Rispetto allo storytelling generale i miei riferimenti sono sicuramente i grandi cantautori italiani degli italiani degli anni ’70. Nella contemporaneità Rancore e Claver Gold hanno raccontato dei bellissimi episodi. Quello che mi caratterizza è sicuramente che in tutte le mie canzoni sono presenti delle storie, sono uno storyteller sistematico.

Un altro artista che, per certi versi, le assomiglia è Caparezza. Nel suo nuovo album è presente una collaborazione proprio con il rapper pugliese. Com’è stato lavorare con lui?

Caparezza è una persona squisita oltre che un grandissimo artista. È stato molto facile e piacevole lavorare con lui, anche perché è un grande professionista. È sempre stato un punto di riferimento per me: infatti, è stato forse l’unico a portare alcuni concetti, anche di carattere culturale, al grandissimo pubblico.

Ascolta anche rap italiano? Chi le piace di più? Vorrebbe collaborare con qualcuno in particolare?

Ascolto principalmente rapper con un livello di scrittura molto alto: Dargen D’Amico, Rancore, Claver Gold, Carlo Corallo e Johnny Marsiglia. Sono tanti gli artisti con cui ho collaborato e con cui vorrei collaborare, tra questi sicuramente Johnny Marsiglia e Kaos.

Negli ultimi periodi è molto di moda parlare male di alcuni politici più per farsi pubblicità, che per vere e proprie idee personali. Cosa pensa della separazione dei ruoli, ovvero il politico fa il politico, mentre il cantante fa il cantante?

L’argomento è decisamente attuale. Spesso si usa la protesta politica per farsi pubblicità, però è vero anche che un artista ha tutto il diritto di dire quello che pensa in ambito politico. Soprattutto in alcuni ambiti, un artista ha anche il potere di rappresentare la propria fascia di utenza con un certo tipo di pensiero. È molto labile il limite tra le due cose. Viviamo in un periodo di comunicazione distorta dove il concetto di post-verità ne fa davvero da padrone. Capire il perché di alcune affermazioni, a volte, non è per niente facile e scontato. Un artista ha comunque tutto il diritto di dire quello che meglio crede. Il politico deve fare il politico perché è pagato per questo, l’artista è un essere umano e quindi ha un pensiero politico. Perché non dovrebbe poterlo comunicare attraverso i suoi testi? Nel momento in cui la vita è sempre politica, l’arte, che è espressione della vita, è politica a sua volta.