> > Morto a 98 anni Antonio Pallante, l'attentatore di Togliatti

Morto a 98 anni Antonio Pallante, l'attentatore di Togliatti

Morto Antonio Pallante

Il 14 luglio 1948 Antonio Pallante esplose quattro colpi calibro 38 contro l'allora segretario del PCI

Antonio Pallante è morto a Catania poco prima di compiere 99 anni il 6 luglio scorso, ma la notizia è stata resa nota dai familiari solo oggi. l 14 luglio 1948 esplose quattro colpi calibro 38 contro l’allora segretario del PCI.

Antonio Pallante morto lo scorso 6 luglio

Il decesso è avvenuto nel luglio scorso, ma la notizia è stata diffusa soltanto di recente dai familiari. Proprio nel luglio del 1948 aveva tentato di uccidere Palmiro Togliatti con quattro colpi di pistola, di cui tre andati a segno. La  sparatoria avvenne a Roma, vicino la Camera dei deputati, da dove  il leader del PCI era appena uscito in compagnia di Nilde Iotti, che rimase illesa. 

Un primo tentativo, compiuto  il giorno prima dell’attentato, era andato a vuoto perché non era riuscito a farsi ricevere nella sede della segreteria del Pci. Pallante era partito da Randazzo, nel catanese, dove viveva e dove aveva acquistato la pistola al mercato nero.

Il rischio di una guerra civile

Un gesto che portò la tensione sociale nel nostro Paese ai livelli di una possibile guerra civile. Tanto che lo stesso Togliatti si appellò alla ragionevolezza della popolazione, rassicurando tutti sul suo ritorno sulla scena politica in un’intervista rilasciata quando era ancora ricoverato al Policlinico Umberto I di Roma. Sopravvissuto all’attentato, “Il migliore” era stato ferito alla nuca e al torace. Il resto probabilmente lo fece Bartali con  la vittoria  di una tappa e poi del Tour de France di quell’anno.

Chi era Antonio Pallante

Studente di Giurisprudenza -ex seminarista e poi componente membro della Gioventù Italiana del Littorio per poi fare campagna elettorale nel 1948 per il Blocco Democratico Liberal Qualunquista – a 25 anni Antonio Pallante decise l’attentato contro Togliatti “per salvare il Paese dal pericolo comunista”: “Tenevo comizi in giro per la Sicilia, i miei erano ideali di patriottismo e di italianità che si scontravano con la politica di Togliatti, propugnatore della causa anti-italiana al servizio di Stalin. Fu proprio in quel periodo che cominciai a pensare ad un’azione che potesse fermare l’uomo che voleva portare l’Italia nel blocco orientale” ha affermato in un’intervista rilasciata a La Repubblica vent’anni fa.

Un concetto espresso anche di recente dal figlio:

“Mio padre ci ha sempre detto che quel gesto lo ha fatto semplicemente perché, da studente, vedeva qualcosa che poteva essere una minaccia per la democrazia, intravedendo il legame tra Togliatti e l’Urss”.

Il processo

Processato per tentativo di omicidio fu condannato a 13 anni e otto mesi di reclusione. La pena in secondo grado fu ridotta a dieci anni e otto mesi. Dopo l’intervento della Cassazione e a un’amnistia scontò cinque anni e tre mesi di carcere e fu scarcerato nel 1953.

L’intervista a Repubblica

Non sono un killer a pagamento, come i servizi segreti americani hanno sempre voluto farmi passare, né ho mai avuto a che fare con i baronati siciliani. E l’inesistenza di questi collegamenti è stata provata, sia nell’immediatezza dei fatti che nel tempo, dalle indagini condotte dai vertici comunisti, Longo e Secchia in testa, e dagli interrogatori e i processi della magistratura” ha affermato nell’intervista già prima citata e che Repubblica ha riproposto in occasione dell’annuncio della sua morte.  “Il mio era un sentimento nazionalista, puramente italiano. Non ho agito contro un uomo ma contro un ideale. Il mio obiettivo non era Togliatti ma ‘il Migliore‘, il capo del comunismo italiano, la longa manus di Stalin. Sono riuscito a vivere una vita serena perché il mio non è stato un gesto abominevole”.