Sono passate poche settimane dalla tragica scomparsa di Fabio Palotti, l’operaio schiacciato dall’ascensore all’interno della sede della Farnesina. Eppure sono molti gli interrogativi ai quali rispondere e legati al suo decesso. Troppe infatti le cose che non tornerebbero e sono state proprio queste domande che il padre dell’operaio Luigi si è posto: “Vogliamo la verità. Se ha sbagliato lui ci ha rimesso con la vita, se è stato qualcun altro deve pagare”, sono state le sue parole riportate da Fanpage.it.
Operaio morto alla Farnesina, il padre Luigi: “Faceva questo lavoro da 12 anni”
Nel corso della sua riflessione il padre dell’operaio ha sottolineato che Fabio aveva tanta esperienza nel suo lavoro e lo sapeva fare bene: “La mattina del 28 mi ha mandato un messaggio la moglie, dicendo che non aveva contatti con lui dalle 18.30 e mi ha chiesto se lo avessi sentito. Ho risposto di no […] non ho avuto nemmeno il tempo di sperare perché mi ha chiamato la mia ex moglie per dirmi che Fabio era morto”.
Il legale: “C’è molto da lavorare”
Anche l’avvocato della famiglia Palotti è intervenuto affermando che il lavoro da fare sarà molto così come i nodi da sciogliere sulla vicenda. Si è quindi chiesto: “Possibile che in un ministero importante come quello degli Esteri una persona rimanga al suo interno viva o morta per una notte intera? E se ci fosse stato un malintenzionato, un terrorista?”.
Tra le domande che si è posto anche quella legata al cellulare che è stato trovato sul tetto dell’ascensore. Sul pianerottolo – ha anche osservato – il collega di Fabio ha ritrovato il giorno successivo gli attrezzi da lavoro: “Se li ha visti lui perché non lo ha fatto la sorveglianza, che avrebbe dovuto controllare piano per piano?”, si è infine chiesto.