> > Pietro Paganini contro il Nutriscore: "Algoritmi non riconosciuti dalla scien...

Pietro Paganini contro il Nutriscore: "Algoritmi non riconosciuti dalla scienza, discriminano i cibi"

pietro paganini contro nutriscore

In un'intervista a Notizie.it, l'economista e docente Pietro Paganini spiega il Nutriscore e lancia un appello a Draghi e ai ministri Speranza e Patuanelli.

Il Dott. Pietro Paganini, economista, Presidente del Centro Studi “Competere.eu, Policy for Sustainable Development”, docente presso la John Cabot University di Roma e la Temple University di Philadelphia, ci parla del Nutriscore e di ciò che sta succedendo in ambito alimentare nel nostro Paese. Oltre ad essere l’ideatore dell’Istituto Italiano per la Privacy e la Valorizzazione dei Dati, è stato anche Direttore Generale della Fondazione Luigi Einaudi. Ha collaborato con il Corriere della Sera, il Wall Street Journal, il Jakarta Post, Bangkok Post, La Stampa, Il Sole 24 Ore, il Fatto Quotidiano, l’Huffington Post e Formiche.

Intervista al dottor Pietro Paganini sul Nutriscore

Professore, innanzitutto cos’è il Nutriscore?

Il Nutriscore (ideato nel 2017 dall’agenzia Santé Publique France), è un sistema di etichettatura fronte-pacco che valuta la salubrità di 100g di un prodotto alimentare secondo una scala colorata e alfabetica dalla A alla E (A Verde salutare, E Rosso non salutare). La valutazione si basa su un algoritmo che premia alcuni nutrienti e penalizza altri, secondo alcuni criteri nutrizionali. L’algoritmo è di proprietà e è gestito dal Governo francese. È un sistema che vuole essere semplice e comprensibile per i cittadini per comunicare loro cosa fa bene e cosa no. In apparenza sarebbe un sistema molto efficace e utile, in realtà è molto pericoloso.

È un sistema che favorirebbe alcune grandi multinazionali dell’alimentazione e della distribuzione (francesi e tedesche) mentre colpirebbe le filiere italiane e la dieta mediterranea. Molti dei nostri prodotti risulterebbero poco sani, prosciutto, mozzarella, formaggi, etc. Le ragioni sono molteplici.

Da un punto di vista delle Libertà e quindi del consumatore è un sistema umiliante perché considera il cittadino un idiota che non sa scegliere e quindi è lo Stato (il Governo francese in questo caso) che stabilisce per noi cosa è buono o no. Da un punto di vista nutrizionale è persino più pericoloso per tante ragioni. Da un punto di vista scientifico e metodologico, è privo di qualsiasi fondamento e argomento serio e credibile.

Ma esiste secondo lei una reale differenza tra cibi di qualità alta e cibi di scarsa qualità? Nel caso, come definirne i parametri?

Non ci sono ingredienti o cibi buoni e/o cattivi ma nemmeno neutri. La categorizzazione tra cibi o nutrienti buoni e cattivi è oramai datata e invalidata da grossa parte della ricerca scientifica recente. Come sosteneva Paracelso, non è l’ingrediente il problema, ma la quantità. E gli effetti della quantità sulla salute variano da individuo a individuo. Oggi si lavora su diete personalizzate. Il Nutriscore va nella direzione esattamente opposta, come se un pezzo di cioccolato avesse lo stesso effetto su tutti. Siamo diversi e ciascuno con comportamenti differenti. Piuttosto serve un sistema di etichettatura e informazione che consideri questa diversità e aiuti il consumatore a informarsi e a compiere scelte consapevoli e quindi libere dalle imposizioni di un Ministero francese.

E proprio il Nutriscore è stato oggetto di una recente lettera che ha inviato ai ministri Speranza e Patuanelli, e anche al Presidente Draghi. Ci spieghi meglio…

L’Oms e l’Iarc recentemente e inaspettatamente – visto che, nella prassi, queste istituzioni dovrebbero muoversi con maggior cautela e deliberare in maniera collegiale – hanno pubblicato un report in cui sostengono il Nutriscore come strumento efficace nella lotta contro il cancro. Ma le conclusioni si basano non solo su evidenze scientifiche dubbie come elaborato prima, ma anche su metodologie fuorvianti. Infatti non è mai stato condotto uno studio che mettesse in diretta correlazione il Nutriscore e la prevenzione tumorale. La relazione tra consumi alimentari che, ad oggi, sarebbero bocciati dall’etichetta e lo sviluppo di tumori è puramente associativa e speculativa, ma non causale. Perciò come centro studi che promuove politiche per l’innovazione che favoriscono innovazione, sostenibilità e libertà individuali, abbiamo il dovere di chiedere l’intervento del Governo italiano. Lo chiediamo per difendere le filiere italiane, per tutelare la libertà dei consumatori, e per difendere la scienza (da studi arroganti inventati per promuovere uno schema).

Perché secondo lei da parte di Oms e Iarc questa scarsa attenzione nei riguardi della scienza e dei relativi dati?

La politica e gli interessi commerciali hanno influito su un approccio di per se già ideologico. Infatti qui non si applica il metodo sperimentale della scienza. Gli ideatori del Nutriscore inseguono il sistema perfetto in cui un elite di esperti scegli per i cittadini cosa conviene loro magiare. Questo approccio trova l’interesse di multinazionali che commerciano alimenti privi di tradizione e cultura che si possono facilmente modificare nutrizionalmente per rispondere ai criteri dell’algoritmo. Di conseguenza si passa dalla ricerca di un algoritmo perfetto, ideologico religioso, ad un algoritmo commerciale. Per convincere aziende e paesi ad accettare il Nutriscore la Francia è disposta a modificare i criteri dell’algoritmo. Che pasticcio! Naturalmente è il consumatore la vittima, le sue libertà, il suo diritto a consumare cibi buoni.

Circa questo tema, il periodo è delicato anche in virtù della definizione in sede europea del dossier sul Farm to Fork. Che rischi si corrono?

Il dossier Farm to Fork è di primaria importanza per l’Europa. Perché spazia dalla salute, o meglio dalla nutrizione sostenibile, alla libera scelta degli individui, passando per degli interessi economici e dinamiche geopolitiche di primaria importanza. L’educazione alimentare dei cittadini europei, qualunque sarà lo strumento con cui verrà affrontata, chiama in causa le filiere produttive dell’agrifood, delle life science e dell’import-export. È una sfida giocata su più tavoli, che si può vincere solo se affrontata in maniera collegiale.

Al contrario di quanto è stato fatto in sede Oms e Iarc. Noi siamo perché il consumatore possa informarsi criticamente e compiere scelte consapevoli e quindi libere. Ci sono schemi certamente migliori rispetto al Nutriscore. Se passasse sarebbe una sconfitta per tutti noi. Non solo perderemmo le nostre libertà, ma ci toccherà mangiare cibo disegnato per inseguire le mode salutiste. Il cibo deve essere buono e i cittadini devono avere la libertà di mangiarlo scegliendo liberamente le quantità in base alla loro volontà.