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I sindaci fanno i Salvini contro Salvini

Salvini contro Salvini

I primi cittadini di alcune città italiane hanno pensato di opporsi al vicepremier utilizzando le sue stesse armi.

I primi cittadini di alcune importanti città italiane, in protesta contro il decreto sicurezza, hanno avviato il contrappasso nei confronti del vicepremier utilizzando le tecniche eversive che quest’ultimo usava a sua volta due anni fa.

I sindaci contro il decreto sicurezza

Se è vero che Matteo Salvini è un gran politico – nel senso che sa fare politica oggi, in maniera discutibile ma indiscutibilmente efficace – allora è possibile che qualcuno abbia pensato di opporsi a lui utilizzando le sue stesse armi. Facendo politica in senso stretto, insomma. È il caso dei sindaciOrlando a Palermo, in primis, e a ruota De Magistris a Napoli, Nardella a Firenze, Falcomatà a Reggio Calabria e Pizzarotti a Parma – che hanno promesso di disobbedire ad alcune misure contro gli stranieri contenute nel decreto sicurezza di cui Salvini ne è il primo artefice e promotore. Le considerano “incostituzionali e in violazione dei diritti umani”, “disumane” e “criminogene”. En passant, hanno ragione, ma a prescindere da questo conta che stiano cavalcando le loro idee come fossero onde utili a muovere le acque nel mare stagnante della politica, attaccando direttamente chi di questa politica è attualmente il padrone assoluto (sì, lo è e con ogni probabilità lo sarà), utilizzando le sue stesse armi. Cioè i gesti forti, eversivi, proprio quelli che Salvini ha utilizzato per la sua scalata politica: basti ricordare, come molti hanno sottolineato in queste ore, le frasi utilizzate dal segretario della Lega Nord due anni fa in merito alle unioni civili che in quel momento diventarono legge in Italia, tra le quali «la disobbedienza alle leggi sbagliate è una virtù», usata per invitare i sindaci del suo partito al raggiro, è la più rilevante.

Leoluca Orlando

Salvini e i sindaci disobbedienti

I sindaci oggi fanno a Salvini ciò che Salvini ha fatto loro, insomma. Non stanno andando all-in, ma di certo hanno alzato la posta in gioco dopo mesi di latitanza (politica). Sfidano il vicepremier sul campo in cui solitamente stravince, ovvero quello della parola, dell’immagine, dell’auto-promozione. Della popolarità. E lo fanno su un ring avverso, cioè su un tema di portata nazionale, quindi fuori dai confini locali dove però il decreto sicurezza ha i riflessi più pratici ed evidenti. Ma questo non conta, in politica. Conta l’azione e i sindaci l’hanno avviata: evviva, perché forse sì, “habemus dibattito politico”, quello vero, basato sulle cose reali, concrete, visibili, quello tra chi è coinvolto in prima persona e deve lavorare con le leggi e non tra chi per mestiere le commenta, quello che prima si litiga e poi ci si accorda e infine, forse, si arriva a qualcosa di quantomeno accettabile, se non di buono.

Governo italiano: possibili scenari

Così il tessuto politico italiano, dopo mezzo anno di immobilismo, si schioda. Al governo “reazionario” sta finalmente corrispondendo una controreazione: disordinata e, forse, improvvisata, ma meglio che nulla. E il paradosso è che porta benefici a tutti: alla sinistra italiana, ovviamente, ma anche alla destra, e perfino ai Cinque Stelle. Serve infatti al governo gialloverde, che ha bisogno di un’opposizione che finora non ha avuto per mettersi alla prova, misurarsi con un duellante reale, dunque dimostrare di essere all’altezza di un compito per cui si proclama perfetto ma per il quale non può ancora presentare prove: dovesse dimostrare coesione, ora, il governo cambierebbe status da coalizione “di passaggio” (perché chissà se saranno in grado di reggere una reale opposizione, se mai ci sarà, e perché Salvini e i Cinque Stelle, insieme ora ma domani chissà) a qualcosa in grado di durare nel tempo, per davvero. Serve a Salvini, che può certificare la sua ascesa duellando sul campo che più ama, e ai pentastellati, i quali possono osservare da spettatori interessati gli attacchi al partner di governo e capirne le mosse e le strategie e misurarne gli eventuali dubbi. E serve ovviamente al centrosinistra, che in attesa delle primarie di marzo trova una coalizione bizzarra ma forse credibile, perché spontanea, ovvero ciò che il Pd non è stato negli ultimi anni.

Non è molto, ma è qualcosa e di questi tempi per la politica italiana basta e avanza.