> > Formigoni, ancora guai: chiesto il pignoramento di un immobile

Formigoni, ancora guai: chiesto il pignoramento di un immobile

roberto formigoni casa

Roberto Formigoni: chiesto il pignoramento di una casa e il sequestro di un secondo immobile. Deve 5 milioni di euro alla Regione Lombardia.

Non finiscono i guai per l’ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni, cui ora è stato chiesto il pignoramento e il sequestro cautelativo per le case di Lecco e Sanremo. Dopo il blocco di 3 dei suoi conti correnti, l’ex Celeste è stato condannato a cinque anni e dieci mesi per il caso Maugeri, per la quale dovrà pagare cinque milioni di euro come danno erariale alla Regione Lombardia.

I guai di Formigoni

Dopo la condanna in via definitiva a cinque anni e dieci mesi per il caso Maugeri, continuano i guai per Roberto Formigoni. Per l’ex governatore della Lombardia, chiesto il pignoramento della casa a Lecco, in via Carlo Cattaneo, e il risarcimento dell’erario, nei confronti della Regione Lombardia, per circa 47 milioni di euro, contro la richiesta iniziale del procuratore generale della Corte dei Conti di 60 milioni. Con lui condannati anche l’ex assessore generale Antonio Simone, insieme a Umberto Maugeri, Costantino Passerino e Pierangelo Daccò. Accolta la richiesta della procura, i giudici contabili hanno definito l’inchiesta Maugeri “di significativo rilievo anche sotto il profilo del danno erariale”. In parte saldati con il pignoramento dell’abitazione di Lecce – dal valore catastale di circa due milioni – Formigoni dovrà versarne altri cinque dei 47 contestati.

Il secondo sequestro

La Regione Lombardia ha successivamente inviato una seconda lettera a Roberto Formigoni, notificandogli il sequestro cautelativo di un secondo immobile nel centro storico di Sanremo e il blocco di tre conti correnti. Con una condanna iniziale di sette anni e mezzo in Appello, l’ex governatore è stato condannato in definitiva per “avere messo a disposizione, assieme ad altri imputati, la sua funzione per una corruzione sistematica nella quale tutta la filiera di comando della Regione è stata piegata per favorire gli enti suoi amici che poi lo pagavano”, secondo quando riportato dai pubblici ministeri Laura Pedio e Antonio Pastore.