> > Recovery Fund, il senatore Dario Stefàno: "Serve il contributo di tutti, anc...

Recovery Fund, il senatore Dario Stefàno: "Serve il contributo di tutti, anche Renzi"

intervista a dario stefano

In un'intervista a Notizie.it, il presidente della Commissione Politiche dell'Unione europea al Senato spiega perché il Recovery Fund è "un'occasione unica e irripetibile: non dobbiamo e non vogliamo sbagliare".

“Il Next Generation EU è un’occasione unica e irripetibile rispetto alla quale non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo sbagliare”. A dirlo è l’onorevole Dario Stefàno, presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea al Senato che, tra i suoi compiti, ha proprio quello di regolare (almeno parzialmente) la destinazione dei fondi europei. In un’intervista a Notizie.it, il senatore spiega cosa il Recovery Fund potrebbe significare per la pubblica amministrazione e perché la gestione di fondi tanto ingenti richiede “i contributi di tutte le forze politiche”, compreso Matteo Renzi.

Intervista al Sen. Dario Stefàno

Lei è Presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea del Senato. Tra le competenze di questa Commissione rientrano in questa fase almeno alcune delle funzioni relative alla filiera per l’utilizzo del Next Generation EU? Se sì, come interferirebbe con tali funzioni la creazione della struttura commissariale prefigurata dal presidente Conte?

La Commissione permanente Politiche dell’Unione europea di Palazzo Madama, che mi onoro di presiedere, dovrà essere una delle maglie di snodo del Next Generation EU. Insieme ad altri colleghi ho insistito con il governo affinché fosse avviata la parlamentarizzazione del Recovery Plan, per evitare che un provvedimento di così grande portata strategica fosse un semplice allegato alla Nadef, come pure qualcuno aveva immaginato proporre. Riguardo alla creazione di una struttura di governance, commissariale o meno, penso invece sia ineludibile che il Parlamento si esprima, per sancire il perimetro chiaro su poteri, competenze e compiti della struttura che sarà chiamata a dare attuazione al Recovery.

Cosa ne pensa dell’ipotesi, che si stava portando avanti nel suo partito (area Dems) di richiedere i soldi del fondo europeo per la ripresa per l’assunzione di nuovo personale da immettere nella P.A.? Alla luce delle regole e condizionalità previste, pensa che sia un’ipotesi praticabile?

Abbiamo bisogno di riqualificare il personale in servizio nella PA e immettere nuove energie, anche alla luce della digitalizzazione indicata come prima missione del piano, alla quale occorrerà destinare almeno il 20 per cento delle risorse. È una delle condizioni che accompagnano il Recovery fund, che resta una grande opportunità di investimenti e riforme.

Alcuni dicono che Matteo Renzi a Palazzo Chigi, con il suo dinamismo, sarebbe l’uomo giusto, nel bene e nel male, per spendere questi soldi. Come lei sa, però, la politica non si fa con i se. Oggi Renzi è nel Governo, ma ha assunto una posizione critica rispetto al Piano per la ripresa. È l’uomo per giusto anche per svolgere questa funzione di opposizione interna?

Guardi, il Next Generation EU è un’occasione unica e irripetibile rispetto alla quale non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo sbagliare. Per questo non trovo impropria la dialettica in corso nella maggioranza se l’obiettivo finale è la ricerca dell’equilibrio tra gli elementi diversi. Riguardo a Renzi, è indiscutibile tanto la sua vivacità, quanto la sua capacità di visione, per cui non mi sorprende la sua ambizione di svolgere un ruolo attivo, in prima linea, nel concepimento di un piano che dovrà parlare alle generazioni future. Ripeto: se l’obiettivo è la ricerca della migliore proposta per il Paese, ben vengano i contributi di tutte le forze politiche.

Nei piani del Governo, dei 209 miliardi potenzialmente utilizzabili nell’ambito del Recovery fund, solo nove sono imputati alla sanità. Una circostanza che stride con l’emergenza sanitaria in atto (alla quale pure sono in qualche modo legati questi soldi). Glielo chiedo da esponente del Pd, non sarebbe opportuno considerare la possibilità di usufruire del Mes sanitario?

Lo ripeto da mesi: la serietà dell’appuntamento con la responsabilità di Governo prima o poi fa saltare gli steccati ideologici. Il prossimo a venire meno sarà proprio il no ideologico al MES. Da questa pandemia sta venendo fuori, tra tante difficoltà non lo nego, un’Unione europea diversa da quella che avevamo temuto, tanto che il MES sanitario di oggi non è in alcun modo assimilabile a quello utilizzato dalla Grecia nel 2011. Ma voglio dire di più: in un dibattito adulto al no al Mes deve seguire un’alternativa altrettanto valida, altrimenti quel no diventa un inammissibile capriccio.

Il piano per la ripresa francese consta di 160 pagine. Noi abbiamo ancora solo delle previsioni generalissime, relative a macro-previsioni di spesa. Veramente non siamo un po’ in ritardo?

Il timing ha subito senza dubbi un rallentamento, l’impegno però resta quello di presentare il piano entro febbraio. Considerata la sua importanza, qualche riflessione in più è sicuramente preferibile rispetto a un iter più spedito ma orfano dei necessari passaggi, a partire da quello parlamentare che considero fondamentale.

Oltre ai soldi del Recovery fund, cioè i soldi che ci saranno, ci sono già i soldi della Bce che continua a comprare BTP. A fronte di questa continua, certo positiva, iniezione di liquidità, la legge di bilancio che state approvando in questi giorni non rischia di essere scritta sulla sabbia?

Assolutamente no. Il 30 dicembre in Senato abbiamo dato il via libera definitivo a una legge di bilancio tutt’altro che evanescente: abbiamo stanziato 40 miliardi che, al di là qualche stravagante misura che risulta difficile da digerire in questo momento di grave emergenza, compone importanti interventi a sostegno dell’economia, del lavoro, della sanità e delle persone più deboli. Sul metodo, però, il Monocameralismo alternato che ormai, di fatto, si applica alla legge più importante dell’anno deve far riflettere.

Inoltre, questo anno complicato coincide anche con il primo anno del nuovo ciclo 2021-2027 di fondi strutturali europei…

Anche questi fondi costituiscono una importante dotazione finanziaria per il nostro paese, e soprattutto per il Mezzogiorno. Come ha illustrato in Commissione il Ministro Provenzano, avremo a disposizione circa 80 miliardi di fondi strutturali, comprensivi di cofinanziamento. Di questi, ben 52 spettano al Sud e alle Isole. Combinati con il Recovery potranno finalmente costituire la base, se utilizzati al meglio, per rilanciare l’economia delle nostre regioni. Oggi quindi è il tempo della responsabilità delle scelte strategiche sulle quali concentrare risorse davvero in grado di farci cambiare scenario. Se non ora quando?

Giustamente, buona parte delle risorse attualmente disponibili andranno in indennizzi. Lei crede che la politica in questo momento sia in possesso degli strumenti per individuare le sacche di maggiore sofferenza e concentrarvi le risorse?

Siamo stati chiamati a operare con strumenti che non hanno precedenti e con i tempi stretti e severi dell’emergenza: tutto è perfettibile, ma è fisiologico che la straordinarietà della crisi e delle risposte abbia scontato delle inefficienze. Affinando sempre più gli strumenti a disposizione credo si possa arrivare a misure in grado di raggiungere tutte le platee più esposte.

Lei è pugliese. Molti dicono che Nichi Vendola abbia contribuito in maniera determinante alla riconferma di Michele Emiliano. Lei in passato è stato molto vicino a Vendola. Come lui, anche lei, inizialmente critico verso l’operato Emiliano, lo ha sostenuto senza alcun risparmio di energie. Perché?

Di Michele Emiliano, in passato, non ho condiviso diverse scelte, ma la mia critica è sempre stata pubblica e, quindi, inchiodata al principio della lealtà. Il tempo mi ha dato ragione se è vero quanto accaduto nell’utilizzo dei fondi per l’agricoltura, nella gestione dell’emergenza xylella o nell’utilizzo delle risorse per la formazione professionale e le politiche attive per il lavoro. Ma davanti al rischio di consegnare la Puglia alle destre, oggi peraltro a trazione leghista e sovranista, non ho avuto alcun tentennamento a operare come un buon padre di famiglia, che agisce per il bene dei figli, che in questo caso sono i pugliesi.

Da ex Assessore all’agricoltura della regione Puglia, come valuta i primi provvedimenti presi dal nuovo Assessore in materia di lotta alla Xylella?

È troppo presto per giudicare l’operato in una delega impegnativa come quella dell’agricoltura, per quanto sia sinceramente convinto delle qualità di Donato Pentassuglia, che ho sostenuto alle ultime elezioni regionali. In ogni caso, la scelta di affidarsi senza tentennamenti a 5 studiosi per affrontare la battaglia contro la xylella è un evidente cambio di passo rispetto al passato.