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Porticcioli in “asta” come stabilimenti balneari: le coste italiane rischiano il cambio di bandiera

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Allarme di Confindustria Nautica sulla riforma delle concessioni: l’ombra dei capitali esteri anche sul controllo dei porti turistici.

La nautica va, alla grande, ma non sono però tutte rose e fiori e la riforma del demanio – in discussione in Senato nell’ambito della legge Concorrenza – preoccupa non poco. Non è un tema per fortunati benestanti o ricchi. Non tanto perché la flotta da diporto nazionale è in realtà composta per il 90% da barchette sotto i 10 metri, ma perché l’industria italiana, che è leader mondiale assoluta, produce un volume di export e di posti di lavoro in continua crescita dopo le crisi del 2008. Secondo i dati di Confindustria Nautica, che si è riunita a Viareggio nella tradizionale Convention “Satec”, la produzione eguaglia i valori storici raggiunti nel 2009, con sei miliardi di euro di fatturato e un export di oltre tre miliardi, mentre con l’indotto il comparto supera ampiamente i 18 miliardi. L’occupazione è in costante crescita dal 2019, anche nel biennio di lockdown a causa del covid.

Però le barche, nazionali ed estere, vogliono dire porti e su questi ultimi rischia di abbattersi la riforma voluta dal Premier Draghi per le spiagge. Il precedente equilibrio tra possibilità di reiterare la concessione e assenza di qualsiasi indennizzo a favore del concessionario al termine della stessa è stato spezzato. Di fatto si configura un “esproprio” per le opere realizzate dall’impresa uscente e un indebito arricchimento per l’imprenditore entrante, il quale, alla medesimo costo si ritroverebbe assegnata non già una superficie pubblica, ma un’intera azienda con tanto di avviamento.

Intervenuto ai lavori della Convention, il Presidente della Liguria, Giovanni Toti, ha ricordato come “dobbiamo trovare soluzioni condivise e non semplicistiche dal punto di vista politico, che tengano conto delle peculiarità e raccolgano le istanze delle diverse realtà sul territorio, cosa che fino ad oggi non è stata fatta”. L’On. Umberto Buratti, che su questi temi è l’interfaccia PD-territori, ha ribadito che “è necessario che il Partito Democratico faccia riconoscere il valore commerciale delle Aziende in caso di cessazione della concessione”. Mentre il Senatore Massimo Mallegni, porta bandiera di Forza Italia, ha stigmatizzato come “il Governo, per adesso, ha cassato la proposta sul riconoscimento del valore d’impresa” e ha chiesto perciò “da domani una visione comune di tutti i componenti della maggioranza”. Nessuno degli interlocutori politici si è però sbilanciato sulla possibilità di convincere il Premier a una mediazione ed è rimasta viva la preoccupazione delle imprese nautiche che ci sia una manovra per facilitare la cessione degli asset demaniali, e portuali in particolare, ai capitali stranieri. Il tutto con la copertura del PNRR, che però non contempla la riforma del demanio nell’elenco di quelle che l’Italia si è impegnata a fare a fronte dei finanziamenti UE.