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Reddito di Cittadinanza, dall'introduzione ad oggi: tutti i cambiamenti

I cambiamenti del Reddito di Cittadinanza

Il Reddito di Cittadinanza, dalla sua introduzione nel 2019 fino ad oggi, ha subito grandi cambiamenti, fino ad arrivare al 2023, anno dell'addio.

Il Reddito di cittadinanza è una misura politica che è stata istituita nel 2019 dal governo Conte, come contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale. Nel corso del tempo ha subito grandi cambiamenti.

Reddito di Cittadinanza: l’introduzione di questa misura

Il Reddito di cittadinanza è una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, istituita nel 2019 dal governo Conte. Si tratta di un sostegno economico ad integrazione dei redditi di una famiglia, in associazione ad un percorso di reinserimento lavorativo e sociale. I cittadini hanno iniziato a poterlo chiedere dal 6 marzo 2019, con l’obbligo di seguire un percorso personalizzato di inserimento lavorativo e di inclusione sociale. Il reddito era stato riconosciuto alle famiglie in difficoltà, in possesso di una serie di requisiti, come la cittadinanza italiana, o di paesi della Ue, o con permesso di soggiorno di lungo periodo.

Il beneficiario doveva consultare quotidianamente la piattaforma Siulp, accettare di essere avviato a corsi di formazione o riqualificazione personale, accettando almeno una delle tre offerte congrue, ovvero offerte di lavoro in linea con il curriculum e all’interno di un certo raggio chilometrico dalla residenza. Queste intenzioni non sono state del tutto rispettate nel corso del tempo, tanto da scatenare diverse polemiche, perché moltissime persone sono riuscite ad ottenere il reddito di cittadinanza senza avere i requisiti e senza poi oggettivamente passare al mondo del lavoro. La Guardia di Finanza ha lavorato duramente per scovare i furbetti del reddito. Questa misura nel corso del tempo ha subito grandi cambiamenti.

Reddito di Cittadinanza: l’arrivo del Governo Meloni

Dopo la vittoria di Giorgia Meloni alle elezioni, con il cambio di Governo, il primo punto su cui si è posata l’attenzione è stato proprio il Reddito di Cittadinanza. La premier non ha mai fatto mistero della sua grande ostilità nei confronti di questo sussidio e le famiglie si sono immediatamente preoccupate per il suo futuro. Durante i tre anni trascorsi dalla sua istituzione e ancor di più nel corso della campagna elettorale, il reddito di cittadinanza ha diviso l’opinione pubblica e le forze politiche, spingendo anche i partiti della coalizione di destra ad assumere posizioni divergenti. Giorgia Meloni ha sempre proposto di abolire il reddito di cittadinanza, proponendo di sostituirlo con altri aiuti e puntando sull’inserimento nel mondo del lavoro e della formazione. “Il reddito di cittadinanza è ‘metadone di Stato‘, segue lo stesso principio del mantenimento del metadone per un tossicodipendente. Si mantiene una posizione, invece che migliorarla” aveva dichiarato la premier, che ha poi deciso di portare a drastici cambiamenti, fino allo stop di questa misura.

Reddito di cittadinanza, lo stop: ci sono alcune eccezioni

Lo stop del Reddito di cittadinanza è arrivato e dal 2024 non esisterà più. Alcuni messaggi di stop, che hanno scatenato polemiche, sono già arrivati. Per i nuclei con persone disabili o presi in carico dai servizi sociali, proseguirà senza limite delle sette mensilità, solo fino al 31 dicembre 2023. Coloro per i quali è prevista la sospensione del RdC da agosto, ma che sono ritenute in grado di lavorare, stanno ricevendo un sms dall’INPS che li informa della sospensione del sussidio. Questi, a partire da agosto potranno ricevere ancora per un anno un sussidio inferiore, a patto di frequentare corsi di formazione per il lavoro. Il Governo ha introdotto due misure sostitutive, l’Assegno di Inclusione e il Supporto per la Formazione e il Lavoro. La prima è una misura destinata a famiglie fragili, in cui è presente almeno un minore, una persona disabile o una over60, e partirà dal 1 gennaio. La seconda è un’indennità per i nuclei familiari con ISEE non superiore ai 6mila euro, in cui ci sia almeno una persona ritenuta in grado di lavorare.