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Covid: troppi positivi in giro uguale ancor più casi

Troppi positivi in giro uguale ancor più casi

Troppi positivi in giro uguale ancor più casi, l'Istituto Superiore di Sanità: in giro c'è una fetta di italiani che sfugge al tracciamento

Troppi positivi in giro uguale ancor più casi di quelli legati alle catene di contagio “convenzionali”. Quasi tutta l’Italia in zona rossa e contagi in aumento, e l’ISS non ha dubbi in merito ad una delle cause aggiuntive. La situazione epidemiologica nazionale peggiora in maniera sensibile e l’Istituto Superiore di Sanità analizza i dati. E sono dati che parlano della della sesta settimana consecutiva in cui le curve salgono. La soglia a cui si è arrivati ha poi portato alle decisioni per cui da lunedì 15 marzo quasi tutta l’Italia sarà in zona rossa e solo la Sardegna, “isola felice”, resterà in zona bianca.

Troppi positivi in giro, addio al giallo

Nella settimana compresa tra lunedì 1 e domenica 7 marzo i nuovo contagi sono stati pari a 225,64 casi positivi ogni centomila abitanti. In quella precedente erano stati 194,87. Ovviamente con questi numeri è schizzato in alto l’indice di trasmissibilità, il famigerato Rt. In ballo c’è il numero medio di individui che un positivo riesce a infettare in un determinato arco di tempo, cioè il fattore cardine di situazione epidemiologica e successive restrizioni. L’Iss dice che l’Rt è balzato da 1,06 a 1,16 (in range tra 1,02 e 1,24). Attenzione, attualmente il fattore è superiore ad uno e adesso risulta sopra 1 “in tutto il Range”. E quando l’Rt è superiore a 1 significa che i casi crescono, ineluttabilmente.

I rischi con questi numeri

In buona sostanza la Cabina di Regia dice che che il superamento della soglia di rischio di 250 casi ogni 100mila abitanti è avvenuto nella settimana in corso (8-14 marzo). Le successive analisi lo paleseranno. E c’è un fattore in più, meno prevedibile perché meno matematico. Cioè quello dei contagi che sfuggono alla rete dei controlli. Perché è evidente che in circolazione vi sono molte persone positive che non vengono intercettate per tempo. Sono loro che poi vanno ad alimentare la cosiddetta “trasmissione nascosta”. Con questa fetta di contagi il tracciamento salta perché manca il momento temporale della contabilizzazione. Lo aveva detto chiaramente Andrea Cristanti in occasione delle precedenti “ondate”.

Ciao ciao Immuni, il fallimento

Non è un caso che l’applicazione Immuni, potenziale strumento utile per individuare tempestivamente i contatti a rischio, sia ormai lettera morta. Ci sono quindi casi, tanti casi non legati alle catene di trasmissione. Sono casi balzati a 50.256 dai 41.833 della settimana precedente. Parliamo di quasi 10mila casi in più in una settimana. Ma c’è un ulteriore effetto: non venendo censiti molti casi in tempo aumentano quelli contabilizzati già in ricovero ospedaliero, cioè quando covid inizia a “mordere” sul serio. La percentuale è chiara: è salita al 37,8 % rispetto al 35,2 della settimana precedente.

Ricoveri ordinari e terapie intensive

E ricoveri ordinari e in terapia intensiva sono i terminali di una catena con ampie sacche di imprevedibilità. Tra il 2 e il 9 marzo gli ospedalizzati convenzionali sono passati da 19.570 a 22.393. Invece i posti letto occupati in rianimazione sono balzati da 2.327 a 2.756. Tutto questo con la soglia critica del 30% dei ricoveri in terapia intensiva superata a livello nazionale. In un contesto del genere l’unica soluzione era la chiusura mirata poi sulle specifiche situazioni regionali, ma con questo allarme nazionale a fare da comun denominatore.