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Mihajlovic, la conferenza: "Mi sono rotto di piangere, non ho più lacrime"

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Mihajlovic in conferenza ha voluto ringraziare tutto il personale medico che l'ha accompagnato in questi quattro mesi di malattia.

È tornato a parlare Sinisa Mihajlovic in conferenza per affrontare i temi di calcio in vista della trasferta di Napoli ma, soprattutto, per comunicare il suo stato di salute dopo i tre cicli di terapia per combattere la leucemia diagnosticatagli nel mese di agosto. Presente in salta stampa anche il personale medico, a cui il tecnico del Bologna ha lasciato la parola per ripercorrere l’iter sanitario di questi ultimi quattro mesi.

Conferenza, Mihajlovic: “Ringrazio i medici”

Sinisa ha voluto ringraziare tutto il personale medico che l’ha assistito in questi difficili quattro mesi della sua vita, rivoluzionata dalla malattia: “In questi quattro mesi ho percepito tanto affetto, l’ultima volta che vi ho incontrato è stato durante l’annuncio della malattia e ho pensato fosse giusto spiegarvi il mio percorso e il mio stato di salute. In questi quattro mesi difficili ho conosciuto al Sant’Orsola medici e infermieri straordinari. Mi hanno curato e sopportato, ho un carattere forte e difficile, a volte non è semplice psicologicamente. La prima volta che sono entrato ho capito che ero nel posto giusto. E’ stato un periodo molto complesso, chiuso in una stanza per 4 mesi senza poter prendere una boccata d’aria. Ora ho ancora paura, ma finalmente dormo a casa mia e non più in ospedale”.

Non è mancata la commozione nelle dichiarazioni di Mihajlovic, nel ringraziare i medici presenti in sala stampa a cui è andato l’abbraccio dell’intera famiglia del Bologna: “Il percorso è andato per me molto bene, ringrazio le dottoresse Bonifazi e Stanzani, quest’ultima angelo custode di mia moglie. Poi Antonio Curti, che ha trovato subito la cura giusta per la mia malattia. Io lo chiamo mani di cotone perché mi faceva l’aspirazione del midollo e lui ha la mano leggera. Tra l’altro è grande tifoso del Bologna. Un grande grazie anche a tutte le infermiere: parto da Carmela Boscarino, la più anziana, la più dura ma leale, il mio angelo custode. Abbiamo passato tante sere a parlare. Ma tutti sono stati importanti, senza loro non avrei fatto quello che ho fatto. Il ringraziamento più grande va alla mia famiglia, a mia moglie e i miei figli che sono la mia vita. Sono stati sempre al mio fianco, in ogni momento di questo momento molto difficile nella mia vita”.

Le dichiarazioni dei medici

Il responsabile delle cure a cui è stato sottoposto Mihajlovic, il dottor Cavo, ha ripercorso l’iter che ha portato al trapianto di midollo, spiegando da un punto di vista medico le cause della leucemia che ha colpito Sinisa: “Dovevamo essere cauti e prudenti in considerazione delle caratteristiche della malattia e del percorso di cure. Abbiamo messo in campo il meglio della nostra professionalità e parlo a nome di tutti i medici. La diagnosi è stata una leucemia acuta mieloide, significa che un particolare tipo dei globuli bianchi va incontro a un processo di arresto della loro maturazione, proliferando senza controllo. Questo porta il midollo osseo a perdere la capacità di produrre globuli rossi e piastrine. Oggi è un mese esatto dal trapianto, su quello che è avvenuto dopo il trapianto non so dirvi nulla perché i tempi sono ancora precoci. Il cerchio non è ancora chiuso, abbiamo bisogno di tempo per capire la risposta finale monitorando Sinisa“.

Dopo il professor Cavo ha rilasciato alcune dichiarazioni la dottoressa Bonifazi, la quale ha commentato clinicamente il periodo post trapianto di midollo: “Per fare un trapianto occorre un donatore, lo abbiamo cercato in famiglia e se non si trova lo si cerca fuori. Fuori si intende come un registro internazionale di donatori, che sono circa 5mila. Voglio ricordare a tutti voi che al Sant’Orsola c’è la sede regionale del registro donatori. Il trapianto non è un intervento chirurgico, c’è l’infusione delle cellule del donatore dopo che è stata fatta una chemioterapia. Serve uccidere tutto il midollo senza possibilità di riprendersi. Le cellule del donatore devono entrare in un midollo vuoto per attecchire. Le cellule del donatore possono fare due cose, riconoscere come estranee le cellule malate sfuggite alla chemioterapia e dall’altro possono scatenare la malattia del trapianto contro l’ospite. Per questo si fa terapia immunodepressiva. Tutto questo avviene in mesi. Noi oggi possiamo dire questo, la prima che c’è stato attecchimento, passo fondamentale, la seconda l’assenza ad oggi di complicanze cliniche e immunologiche”.