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Strage di Erba, prove bruciate prima di sentenza Cassazione

Strage di Erba, prove bruciate prima di sentenza Cassazione

Sarebbero stati bruciati dei reperti prima della sentenza della Cassazione per la strage di Erba. Accusato il cancelliere capo di Como.

Dei reperti mai analizzati prima per la strage di Erba sarebbero stati bruciati prima della sentenza della Cassazione. Sarebbe stato il cancelliere capo a distruggerle, nonostante non avesse alcuna autorizzazione per farlo. L’uomo adesso è accusato di reato penale.

Prove bruciate

Alla richiesta di incidente probatorio per prendere in esame rilevamenti mai analizzati per la strage di Erba, la Corte Suprema aveva detto di no. Perciò Olindo Romano e Rosa Bazzi sono stati condannati in via definitiva all’ergastolo. Il botta e risposta tra la Corte Suprema e la Cassazione risale al 12 luglio 2018, ma all’insaputa di entrambe, i rilevamenti erano stati bruciati appena 10 ore prima della sentenza della seconda. In base alle carte il capo della cancelleria di Como si sarebbe recato all’inceneritore e avrebbe dato alle fiamme i reperti mai analizzati per la strage di Erba. Nell’elenco delle potenziali prove andate in fumo, compaiono peli sulla felpa del bambino, Youssef Marzouk, vittima della strage, un mazzo di chiavi, un accendino ed una tenda.

Reato penale

A prescindere dal rifiuto della Corte Suprema di concedere alla Cassazione la revisione dei reperti, questi ultimi sono stati eliminati senza alcuna autorizzazione, ben prima che la Cassazione stessa si pronunciasse. Per quanto accaduto, il cancelliere capo dovrà rispondere di reato penale. Non tutto è perduto, dichiara l’avvocato Fabio Schembri a Libero: alcune prove si trovavano presso l’Università di Pavia ed il R.I.S. di Parma. Ad andare distrutte sono state soltanto quelle depositate presso la cancelleria di Como.