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Tito e gli alieni: nei cinema l'ultimo film di Paola Randi

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Nei cinema Tito e gli alieni, l'ultimo film di Paola Randi con Valerio Mastandrea

Dal 7 giugno 2018 uscirà nelle sale cinematografiche “Tito e gli alieni”, l’ultima fiaba dai contorni fantascientifici di Paola Randi. A distanza di otto anni dal suo precedente film, “Into Paraiso”, la regista torna raccontandoci una storia dai contorni sfumati, questa volta per parlarci dell’elaborazione del lutto. E lo fa attraverso la vicenda di un ricercatore che, in un solitario laboratorio nel mezzo del deserto del Nevada, cerca di mettersi in comunicazione con la defunta moglie.

Un viaggio poetico e folle, iniziato nel 2012

Un film la cui realizzazione è stata fermamente voluta dalla produttrice Matilde Barbagallo. La quale racconta di essersi innamoratasi immediatamente del soggetto, e di aver da subito voluto scommettere su questa idea. Una scommessa la cui produzione è costata tre milioni di euro, e che è stato girato in solo cinque settimane tra le rocce del deserto del Nevada, sede della nota e al tempo stesso misteriosa “Area 51” – e Almeira, location spagnola già famosa perché tra le preferite da Sergio Leone per i suoi film.

Uno sforzo di produzione notevole il cui risultato è stato apprezzato al Torino Film Festival. Proiettato nel corso dell’edizione del 2017, ha infatti raccolto un discreto favore dalla critica. Ha inoltre fruttato a Paola Randi il premio Ettore Scola per il miglior regista, e a Valerio Mastandrea il premio Gabriele Ferzetti come miglior attore protagonista. Per la regista “Un film che si pone delle domande, che si chiede come riorganizzare la propria vita dopo un grande dolore”

Mastandrea, al suo secondo progetto con la Randi

I due, che avevano già avuto modo di collaborare nel 2002 con la delicata anche se fuori dal comune storia d’amore raccontata in “Giulietta della spazzatura”, tornano oggi con un nuovo racconto in cui a essere protagonista è sempre l’amore. Questa volta, però, il tema è l’amore perduto.

Mastandrea presta la sua persona a uno scienziato impegnato in ricerche segrete per conto del governo statunitense, ma che bloccato dalla perdita della moglie passa le proprie giornate dedicandosi solamente all’ascolto dei suoni dello spazio. Suoni in cui spera di poter ritrovare la voce della compagna persa prematuramente. Mentre lui è impegnato giorno dopo giorno in questa incessante e impossibile ricerca, l’unico elemento di contatto con il mondo esterno è Stella (Clemence Poesy). A lei il ruolo di una wedding planner un po’ particolare, organizzatrice di improbabili tour per sposini con la fissa degli UFO.

L’eremitico scienziato verrà però suo malgrado richiamato a dover affrontare la realtà quando la morte di suo fratello gli porterà in eredità ciò che lui di più caro aveva da lasciare. Irromperanno infatti nella sua vita due bambini che, rimasti orfani, dovranno andare al dilà dell’oceano e raggiungere lo zio – convinti essere nella scintillante Los Angeles – e trasferirsi con lui.

La perdita quindi come protagonista

Un film che come dicevamo affronta il tema della perdita, nel quale Mastandrea ci racconta di un personaggio che – usando le sue parole – “mantiene vivo il ricordo di una persona che non c’è più, in maniera acritica, impedendosi non solo di elaborare la perdita, ma anche una nuova vita. Dorme e viene svegliato da due mosche, i nipoti, che prova anche a schiacciare, se mi perdonate la metafora, invece capisce che anche le mosche sono importanti”.

E infatti sarà proprio l’arrivo dei due nipotini partenopei a costringerlo ad uscire dal suo guscio. Anita (Chiara Stella Riccio) e Tito (Luca Esposito) lo costringeranno ad affrontare il suo lutto e ad uscire dal suo torpore. Anita, con i suoi 17 anni e il sogno di fare festa in piscina con Lady Gaga, e l’affetto del piccolo Tito porteranno infatti al protagonista l’energia necessaria ad affrontare la sua perdita, reimparando a guardare al futuro.

Interessante anche la scelta linguistica, il Napoletano

La regista ha infatti voluto che i protagonisti parlassero napoletano. “Io amo molto Napoli e infatti avevo girato lì anche il mio primo film. Napoli ha un rapporto con la magia e con l’aldilà molto speciale e quotidiano, quindi era fondamentale per riuscire a raccontare questa storia”. E attraverso questa scelta la regista ha anche voluto celebrare il lavoro di Fausto Mesolella, musicista partenopeo che ne ha curato le musiche, ma purtroppo scomparso durante la lavorazione del film.

Un film quindi che affronta un tema non certamente leggero come il lutto e la sua elaborazione, e lo fa con delicatezza, regalando anche dei momenti divertenti, senza però lasciarsi troppo andare verso la commedia.