> > Un anno esatto di guerra che no, non è stata affatto un lampo

Un anno esatto di guerra che no, non è stata affatto un lampo

Putin Zelensky

La notte del 24 febbraio 2022 e dopo tre settimane di schermaglie e false prospettive di arretramento quattro divisioni meccanizzate di Vladimir Putin e di una Russia a lui supina attraversano il confine ed entrano un Ucraina

Trecentosessantacinque giorni di conflitto, un anno esatto di una guerra che no, non è stata affatto quella guerra lampo che l’invasore e molti analisti prefiguravano e che si è trascinata fino ad oggi, 24 febbraio 2023, fra orrori, contrapposizioni, assetti geopolitici mutati e tutte le sconfitte della soluzione diplomatica al primo conflitto europeo dopo la Seconda Guerra Mondiale e dopo la guerra civile nella ex Jugoslavia che ebbe vita e collocazione sua, ancorché altrettanto orribile. La notte del 24 febbraio 2022 e dopo tre settimane di schermaglie e false prospettive di arretramento quattro divisioni meccanizzate di Vladimir Putin e di una Russia a lui supina attraversano il confine ed entrano un Ucraina, entrano con il motivo di uccidere, il movente di “denazificare” un paese che nella sua ricerca di democrazia si era affidato molto agli Usa e con lo scopo strategico di togliere a quel paese le due repubbliche indipendentiste nel Dondass, russofile, quasi tutte russofone e in conflitto fin dal 2014 con il governo di Kiev.

Non è stata affatto una guerra lampo

Governo che ha un presidente semisconosciuto, ex attore, che sale alla ribalta delle cronache mondiali: si chiama Volodymyr Zelensky ed ha l’aura del capo di stato coraggioso, indomito e resistente. Le truppe corazzate contrassegnate da una misteriosa Z bianca sembrano avanzare senza ostacoli mentre il mondo inorridisce per quello che molti, forse troppi, avevano considerato un bluff. Da Bielorussia e Crimea le divisioni di Vladimir Putin dilagano verso Kiev e fanno tappa nell’aeroporto di Hostomel dove ricevono la prima di una lunga serie di amare sorprese: la Cia era in allerta da tempo ed ha passato agli ucraini, bellicosissimi e preparati militarmente, informazioni tali da sterminare i parà spetznats che avevano il compito di raggiungere il palazzo presidenziale ed uccidere Zelensky. Gli ucraini resistono e resistono bene e quella che sembrava dover essere una spocchiosa guerra lampo diventa fin dalla fine di marzo 2022 una tremenda guerra di contatto alternato e di avanzate tutt’altro che repentine.

Mentre entrano in gioco i terribili reggimenti ceceni del tiranno satrapo di Putin Razman Kadyrov l’Occidente reagisce e mette a punto le prime sanzioni economiche: i gerarchi di Putin e ed il miliardari del suo cerchio magico si vedranno sequestrare tutti i beni ed i mezzi che hanno fuori dal loro paese, sono tanti e il Regno Unito, prossimo a dire addio al governo di Boris Johnson per uno scandalo, ottiene risultati micidiali su questo fronte. Un primo tentativo di colloqui di pace, praticamente il solo ufficiale di tutto il conflitto, fallisce nella Bielorussia del filoputiniano Lucashenko e il fronte vivo si sposta a sud: Maiurpol, affacciata sul Mar Nero, diventa il simbolo della resistenza ucraina e con essa il famigerato Battaglione Azov, che resisterà per mesi dell’acciaieria Azovstal: per alcuni sono patrioti meritevoli, per altri sono la prova provata che le forze armate ucraine contenevano il germe del neonazismo usato come movente da Putin per attaccare.

Mariupol e l’epopea del battaglione Azov

La Federazione di Mosca entra a Kherson e prende Zaporizhzia, la più grande centrale nucleare d’Europa, Europa che pensa a Chernobyl e inorridisce. Ma l’orrore ha anche connotazioni peggiori: ad inizio aprile emergono gli orrori di Bucha ed Irpin, con cittadini inermi giustiziati e lasciati morti in strada, esecuzioni sommarie e violenze terribili. Il mondo si indigna con le truppe buriate dei confini mongoli dell’impero di Putin e l’Occidente inasprisce le sanzioni. A quel punto la Nato diventa un ombrello e Svezia e Finlandia chiedono di entrare mentre l’Ucraina si candida ad essere membro dell’Ue.

Dagli orrori di Bucha al blitz su Odessa

L’estate 2022 si apre con il tentativo di sfondamento a Odessa e con la manovra strategica con cui la Russia vorrebbe arrivare a chiudere ogni sbocco al mare all’Ucraina, congiungendosi idealmente con la sua “dependance” della Transnistria, che sta accatta all’indifesa Moldavia e che potrebbe diventare la porta per un secondo inferno ed un attacco a Kiev da ovest. Usa, Nato ed Ue inviano dopo deliberazioni dei singoli governi non sempre omogenee le prime armi che hanno ed avranno un’influenza decisiva sul conflitto.

L’invio di armi e il gas: Nord Stream “salta”

A quel punto è già scoppiata la guerra del gas, quasi tutto russo, che arriva in Europa e i sabotaggi al Nord Stream uno e due diventano il simbolo di una crisi mondiale che è anche energetica, con le nazioni che si affannano a trovare un “sostituto” di Mosca nelle forniture, in primis l’Italia di Mario Draghi che manda il ministro degli Estero Di Maio in Algeria, Azerbaigian ed Africa centrale a cercare nuove risorse e che stringe con gli Usa di Biden un accordo per il gas liquido. L’autunno esordisce con due eventi: quello singolo dell’esplosione del ponte di Kerch verso la Crimea e quello strategico con cui l’arrivo di armi chiesee con insistenza dalle dirette quotidiane social di Volodymyr Zelensky, inizia a far sentire il suo effetto: l’Ucraina non si difende solo ma contrattacca e riconquista molti territori ad est.

Kiev contrattacca: i missili e i rerefendum-farsa

I russi cambiano strategia ed iniziano a bombardare con missili tutto ciò che nel paese aggredito può produrre energia: l’inverno rigidissimo è alle porte e lo scopo è piegare il paese dove non può dare prova di coraggio militare. A quel punto Putin capisce che deve forzare la mano non solo sui campi di battaglia ed indice dei referendum popolari con cui Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhizhia si auto annettono a Mosca. Pochi giorni dopo un missile antiaereo ucraino cade in territorio polacco e ammazza due lavoratori: quelle sono le ore in cui, dopo le reiterate minacce degli uomini di Putin di usare l’arma nucleare, si teme di più che la guerra diventi mondiale ed atomica in base all’articolo Nato di mutua assistenza. Poi di scopre che il missile non era russo e l’incidente recede.

Zelensky vola da Biden: “Dateci altre armi!”

Dicembre vede Volodymyr Zelensky in volo verso il primo partner dell’Ucraina aggredita, gli usa di Joe Biden che però ha perso le elezioni di mid term ed è molto più cauto nel promettere aiuti. In Italia intanto al governo Draghi è succeduto quello di Giorgia Meloni che conferma in tutto e per tutto l’appoggio a Kiev, fatta eccezione per una mutata opinione pubblica ed alcune “uscite” del suo alleato di governo Silvio Berlusconi.

Il 2023 e il caso dei carri “Leopard 2”

Il mese che precede il “compleanno dell’orrore” di oggi, gennaio 2023, è segnato dalla questione dell’invio dei carri Leopard e da una generale sensazione di escalation che dice due cose. La prima è che no, non è stata affatto una guerra lampo e che Putin ormai è un attaccante che gode di meno credito di quando aveva avviato l’attacco. La seconda è che quella guerra e la condotta dell’Occidente poco propenso a cercare soluzioni diplomatiche ha di fatto visto l’unità degli stati tenere, ma le convinzioni delle singole popolazioni vacillare di fronte all’opportunità di cercare la pace inviando armi. Oggi il mondo è diviso ed in pericolo più che mai, ad un anno esatto dall’inizio di quell’orrore.