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Violenze dei poliziotti nella Questura di Verona: il racconto di una delle vittime

Forze dell'ordine

Una delle vittime dei poliziotti della Questura di Verona si racconta ai microfoni de La Stampa rispondendo alle domande di Niccolò Zancan: la testimonianza di Adil Tantaoui

Verona. Violenze in questura. Parla una delle persone aggredite dai poliziotti. Ecco di seguito un estratto dell’intervista di Niccolò Zancan a Adil Tantaoui per La Stampa.

D. Cosa ricorda del giorno delle torture?

Tantaoui: «Ricordo tutto. Erano le otto di mattina del 26 ottobre. Io e mia moglie Elena vivevamo allora in una casa abbandonata, vicino al Bar Bauli, in via Perlar a Verona. Mi ero svegliato presto, stavo camminando nel parco che c’è lì davanti. Un ragazzo italiano mi ha chiesto una sigaretta, ma io non l’avevo. Lui ha preso un bastone e mi ha colpito sulla testa. Mi usciva il sangue, ero incredulo. Io quella persona non l’avevo mai vista prima in vita mia. Ho chiamato la polizia per chiedere aiuto. Non pensavo che sarebbe finita così».

D. Cosa è successo quando è arrivata la polizia?

Tantaoui: «Hanno lasciato stare il ragazzo italiano e hanno portato via me. Non mi hanno chiesto neanche i documenti, non hanno voluto sapere niente. Un dottore del 118 mi aveva appena medicato la testa. Gli agenti mi hanno caricato in auto e subito uno dei due, quello pelato, ha iniziato a insultarmi: ‘Arabo di merda! Marocchino, te ne devi andare di qua!’. Mi hanno preso a calci nelle gambe. E poi mi hanno strappato dalla testa le medicazioni. Ma il peggio è stato dopo. Stavo male. Mi hanno tolto tutti i vestiti e mi hanno buttato per terra nella stanza degli arrestati in mutande. Senza mangiare, senza niente. Tutto il giorno e tutta la notte. Sono svenuto».

D. Cosa è successo il giorno dopo?

Tantaoui: «Mi hanno caricato su un’altra auto della polizia, questo volta erano due agenti gentili, una donna e un vecchio. E con loro ho fatto il viaggio fino al Cpr di Torino. Sono stato trentacinque giorni chiuso lì dentro. È proprio un carcere. Ti tolgono il telefono. La gente impazzisce. Il cibo è tremendo. È un casino. E poi ti danno delle pastiglie per calmarti: molti le prendono, io mi sono rifiutato. Ero molto triste. Quando l’ultimo giorno la polizia è venuta a prendermi al cancello, io non sapevo il motivo. Ero preoccupato. Pensavo fosse per il mio permesso di soggiorno». 

D. Era per l’inchiesta sui pestaggi nella questura di Verona? 

Tantaoui: «Sì. Ho spiegato tutto. Prima a Torino, poi una seconda volta a Verona».