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NFL: consentita protesta degli atleti durante l'inno, snobbata richiesta di Trump

NFL

La NFL permetterà ai giocatori di continuare a protestare durante l'inno; non sono previsti licenziamenti. Snobbata la richiesta di Trump.

L’attuale commissario della NFL Roger Goodell ha deciso che permetterà ai giocatori delle squadre di continuare la loro propria protesta. Cominciata quasi un mese fa, spaccando a metà il pubblico. La National Football League ha deciso, contro le opinioni di tifosi e del Presidente Trump, che non licenzierà i giocatori per questo atto.

Permetterà loro anzi di continuare a protestare pacificamente, almeno per ora. Decisione presa insieme ai proprietari delle 32 squadre che formano la NFL.

La richiesta di Trump

La protesta portata avanti dai giocatori, investe il problema dell’iniquità e della disparità razziale presente negli Stati Uniti. Simbolicamente i giocatori si sono inginocchiati per protesta durante l’inno americano. L’atto simbolico ha provocato le reazioni delle alte sfere governative del Paese: eclatante, a titolo di esempio, l’abbandono da parte di Mike Pence, vicepresidente USA, di abbandonare lo stadio di Indianapolis durante l’atto provocatorio dei giocatori.

La NFL ha inoltre intenzionalmente trascurato la richiesta dei presidente Trump di immediato licenziamento per il giocatore che a Indianapolis si era inginocchiato durante l’inno. L’atto è stato infatti percepito dal presidente come un atto oltraggioso contro la bandiera e contro gli Stati Uniti. Un affronto alla dignità della patria ha commentato il presidente, furioso per l’atto.

La NFL risponde

Il commissario della NFL ha assicurato che per un tale atto non ci saranno né ritorsioni, né licenziamenti, né atti punitivi da caccia alle streghe. Goodell ha invece elogiato gli atleti della NFL, dichiarandoli uomini di gran carattere, profondamente consci della attuale situazione del Paese. Dotati di comprensione e consapevolezza delle difficoltà in cui versa la società americana.

Queste dichiarazione riflettono l’impegno della NFL e dei giocatori in materia di giustizia sociale.

“Inginocchiati”

La protesta è nel frattempo dilagata nel Paese, al suono dello slogan “Take a Knee” (tradotto suonerebbe: “inginocchiati): i cittadini si sono radunati presso l’hotel di New York, dove era in corso la riunione tra il commissario della NFL e i proprietari delle squadre della Lega. I contestatori si sono infatti inginocchiati davanti l’hotel di lusso di Manhattan, esprimendo la propria solidarietà agli atleti di football. I cartelli in questione recitvano per esteso lo slogan “Take a knee against the police brutality” (inginocchiati contro la brutalità della polizia), richiamando alla mente i tristi fatti di cronaca che hanno visto la polizia brutalizzare i membri della comunità afroamericana.

La protesta dei giocatori, legata alla disparità sociale tra le varie comunità, si è connessione a quella del trattamento riservato ai cittadini afroamericani da parte delle forze di polizia. Atteggiamenti spesso violenti e brutali che alzano le tensioni tra le varie comunità del melting pot americano. Questo appare ancor più chiaro se si pensa che la maggior parte dei giocatori della NFL, più della metà, sono neri.

L’autore della protesta

Al momento, il quarterback che ha dato il via alla protesta del kneeling (inginocchimento), Colin Kaepernick, per il suo atto di coraggio e che ha portato al risveglio delle coscienze nella NFL, è l’unico che sembra aver pagato fino ad ora: al momento il giovane atleta afroamericano si trova ad essere senza squadra e senza ingaggio per il suo atto di protesta contro le disparità razziali. Malgrado ciò il suo atto a dato il via a una serie pian piano sempre più ampia di emulazione da parte dei compagni. Un risultato non da poco. Un esempio di etica che dimostra il profondo legame tra sport e società.