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Alberto Sordi è stato l’attore italiano più politicamente scorretto

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Aneddoti e ricordi raccontati da suo cugino Igor Righetti, giornalista e conduttore radiotelevisivo Rai, a vent’anni dalla scomparsa del grande attore

Sono trascorsi, direi volati, vent’anni dalla scomparsa di mio cugino Alberto Sordi che io chiamavo zio in quanto per lui ero il suo nipotino. Nonostante i suoi film vengano ancora trasmessi perché sempre attali in un’Italia immutabile, si sente la sua mancanza. Certo, non era lo zio della domenica: un artista che ha trascorso la sua vita in scena, che ha realizzato oltre 200 film e che ha dedicato la propria vita al suo lavoro tanto da non sposarsi proprio per evitare di sottrarre energie preziose alla sua professione, di tempo libero ne aveva ben poco. Ma le tante volte che ci siamo visti e che abbiamo passato un po’ di tempo assieme (anche a mio nonno Primo e a mio padre Alessandro) non ha mai mancato di essere affettuoso. Agli inizi della sua carriera fu mio nonno, Primo Righetti, a regalargli lo smoking che Alberto indossò nei suoi primi spettacoli teatrali al Quirino e al Quattro Fontane facendogli trovare anche un po’ di denaro in tasca. Il papà di Alberto morì nel 1941 quando lui aveva appena 20 anni e non era ancora famoso. Mio nonno lo incoraggiò a proseguire nel suo sogno, e aiutò economicamente lui e la sua famiglia, composta da due sorelle e un fratello, in quanto anche la madre dell’Alberto nazionale, Maria Righetti, con la nascita della prima figlia aveva lasciato la professione di insegnante elementare. E Alberto gliene fu sempre grato, tanto che anni dopo, quando mio nonno si paralizzò, provvide a farlo curare da un luminare della scienza e al suo ricovero in una clinica di lusso. Il tutto a sue spese. Mio padre, invece, realizzava con lui le statuine di gesso del presepe per la parrocchia di Santa Maria in Trastevere. Successivamente Alberto lo volle come capoclaque nei suoi spettacoli, cioè colui che faceva partire gli applausi nei teatri in cui si esibiva all’inizio della sua carriera. Gli scriveva sul copione le parti in cui mio padre doveva far intervenire gli spettatori. Alcuni elementi decorativi della sala cinematografica della sua villa romana li fece realizzare a mio padre Alessandro.

Alberto ha interpretato tanti personaggi, ma mai i politici in quanto, diceva, che recitavano già loro e che sarebbe stata una sovrapposizione inutile. Con la sua ironia sottolineava che qualche parlamentare avrebbe meritato l’Oscar per la credibilità delle loro interpretazioni. Come ho scritto nel mio libro “Alberto Sordi segreto”, il primo sulla sua vita fuori dal set pubblicato da Rubbettino con la prefazione del critico cinematografico Gianni Canova, giunto all’undicesima ristampa in due anni dall’uscita, negli anni Cinquanta la Democrazia cristiana gli chiese di fare il sindaco di Roma. Pur cattolico declinò l’invito. Altre proposte di entrare in politica le ricevette un po’ da tutti i partiti. Affermava che nell’Italia politica degli ultimi anni ci fosse tanta mediocrità. Immagino quale sarebbe il suo pensiero sui politici degli ultimi vent’anni.

Nel 1995, il critico cinematografico Tullio Kezich in un suo articolo invitò il presidente Scalfaro ad attribuire ad Alberto la carica di senatore a vita. All’epoca i politici si divisero su questa eventuale nomina: per il regista Pasquale Squitieri, senatore di Alleanza nazionale, era “un’idea splendida e legittima”, in quanto – dichiarò all’AdnKronos – “è un genio assoluto del teatro e del cinema: così lo considerano in America e nel mondo intero. È il testimone vero e reale della vita pubblica e privata dell’italiano”. Di tutt’altra opinione, invece, fu il progressista Raffaele Bertoni, presidente della commissione Difesa di Palazzo Madama, il quale affermò: “I suoi personaggi rappresentano il peggio dell’italiano. Quindi non mi sembra opportuno nominarlo senatore a vita”. Ad Alberto fece molto piacere questa proposta e si sentì onorato. Ma la cosa non andò avanti. Il politichese e il mondo della politica erano troppo distanti da lui. Ciò che lo faceva più ridere erano le motivazioni dei politici contrari alla sua eventuale nomina a senatore a vita. Alberto amava ripetere: “Si dice che il popolo è sovrano. Ma sovrano de che?”. E aggiungeva: “L’Italia, purtroppo, ha avuto una classe politica che si è impegnata per la conquista del potere per interessi meramente personali”.

Il 24 febbraio 2013 “Il fatto quotidiano” pubblicò un’intervista rilasciata da Alberto Sordi nel 1989 e che sarebbe dovuta uscire sulla celebre rivista economica americana “Fortune”. L’intervista rimase inedita, conservata in un nastro per ben 23 anni. Fu realizzata al Castello Odescalchi di Bassano Romano, vicino a Viterbo, dove Alberto stava girando il film “L’avaro” diretto da Tonino Cervi. Nell’articolo firmato da Giorgio Meletti è profetica la dichiarazione finale di Alberto: “Senti, una cosa non ti ho detto. Ti ho elencato un sacco di difetti degli italiani. Ma io voglio bene a questi italiani incapaci di governarsi da soli. Non è colpa loro, ricordatelo. Sono così perché non hanno mai avuto grandi esempi da seguire e grandi leader di cui fidarsi”.

Certo i personaggi da lui interpretati erano scomodi, ma reali, facevano sorridere ma anche riflettere. E proprio per questo è stato anche accusato di essere anti-italiano, lui che invece amava la sua patria come la sua professione. Lui che non ha mai lasciato Roma nonostante le tante proposte ricevute dagli Stati Uniti. Neppure Alberto ha amato molti dei suoi personaggi, ma era un attore, e come maschera non interpretava se stesso. Si ispirava alla realtà, osservava e raccontava i mutamenti sociali del Paese. La sua vasta produzione cinematografica rappresenta una sorta di autobiografia dell’Italia. È stato quindi l’attore italiano più politicamente scorretto.

A differenza di tanti suoi colleghi attori e registi di ieri e di oggi, lui era fuori dal sistema, non è mai stato iscritto a nessun partito politico e con noi se ne vantava (anche se sapevamo che votasse Democrazia cristiana). Non si è mai fatto strumentalizzare dalla politica per ottenere il consenso del pubblico. Era il prezzo da pagare per restare un attore libero. Ci diceva che un attore che vuole fare satira come faceva lui doveva avere la mente libera, senza vincoli con nessun partito in modo da poter interpretare ogni personaggio in modo imparziale e quindi credibile. Il pensiero opposto di tanti registi e comici che invece ne fanno un vanto.

Alberto aveva fatto della riservatezza una ragione di vita e non amava l’ostentazione. Con il pubblico, a cui era molto legato e riconoscente, e con i suoi collaboratori ha condiviso la sua vita professionale, ma mai quella privata. Per questo motivo ho voluto raccontare, per la prima volta, nel mio libro “Alberto Sordi segreto” uscito nel centenario della sua nascita, chi fosse fuori dal set, dalle interviste e dalle apparizioni televisive ufficiali e spazzare via le tante menzogne dette su di lui. A noi familiari che ha frequentato di più ha sempre fatto una raccomandazione: “I vostri ricordi con me e con i nostri cari raccontateli soltanto quando sarò in ‘orizzontale’. Allora mi farete felice perché sarà anche un modo per non farmi dimenticare dal mio pubblico che ho amato come fosse la mia famiglia e per farmi conoscere alle nuove generazioni”. Così ho fatto. Nel volume, disponibile anche in versione e-book, ci sono inoltre i ricordi inediti di alcuni suoi amici veri che lo hanno frequentato in modo assiduo e di personaggi del cinema e della tv con i quali ha lavorato: Tiziana Appetito, l’attrice Piera Arico che ha recitato con lui in diversi film (moglie di Gastone Bettanini, grande amico di Alberto e primo segretario-agente fino al 1965) e la figlia Fiona Bettanini, Rino Barillari, Pippo Baudo, Alessandro Canestrelli, Elena de Curtis (nipote di Totò), Sandra Milo, Sabrina Sammarini (figlia di Anna Longhi) e l’ex annunciatrice Rai Rosanna Vaudetti. Non manca la testimonianza di Patrizia de Blanck, grande amore di Alberto nei primi anni Settanta, ricca di aneddoti divertenti. Personaggi che, assieme a me, hanno contribuito a rendere pubblica la vita reale, e mai raccontata, di Alberto Sordi. Da quando è morto sembrano diventati tutti suoi amici. Ma era davvero così?

Il 1° aprile, MagicLand, il parco divertimenti più grande del Centro Sud che si trova a Valmontone, comune a 35 chilometri dalla capitale che ha dato i natali al padre di Alberto, Pietro Sordi, ha deciso di intitolare il suo Gran Teatro all’Alberto nazionale in occasione del 20° anniversario della sua scomparsa per omaggiarne la carriera e le origini valmontonesi. Sarà anche inaugurata la mostra fotografica “Alberto Sordi segreto”, da me curata, che lo vedrà ritratto in 20 immagini emozionanti fuori dal set, nelle pause di lavorazione dei suoi film, con i suoi amati cani, in situazioni di vita quotidiana e assieme ad altri grandi personaggi come David Niven o Brigitte Bardot, Vittorio De Sica, Totò, Anna Magnani e Aldo Fabrizi. Perché Alberto è entrato nel cuore di tutti e, probabilmente, è stato ed è tuttora uno degli attori italiani più amati.