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Anna Rosa uccisa dall'ex: "Aveva chiesto aiuto"

Anna Rosa

La storia di Anna Rosa Fontana è fatta di gravi negligenze e mostra come lo Stato non sia stato in grado di difendere una propria cittadina.

La tragica scomparsa di Anna Rosa Fontana è una di quelle storie che non vanno dimenticate. Una storia fatta di gravi negligenze, in cui lo Stato si è mostrato incapace di difendere una propria cittadina, ancora prima di far rispettare la giustizia. Questa vicenda è stata riportata alla luce nel corso dell’ultima puntata delle Iene ed è la cronaca di un femminicidio annunciato e che si poteva decisamente evitare.

Il caso di Anna Rosa

Il caso di Anna Rosa Fontana è quello di un femminicidio tanto annunciato, quanto evitabile. Una storia in cui vengono mostrate le negligenze di uno Stato, che non è stato in grado di proteggere una propria cittadina, ancora prima di far rispettare la giustizia. A riportare alla luce questa vicenda ci hanno pensato “Le Iene”. La donna viveva a Matera e aveva due figli, avuti quando ancora era giovanissima da un uomo che poi che l’aveva abbandonata.

Poi l’incontro con Paolo Chieco, quindici anni più grande di lei, che in qualche modo le aveva fatto credere di aver ritrovato l’amore. Dopo pochi mesi i due andarono a convivere, ma ben presto la loro storia si trasformò in un vero e proprio incubo, fatto di calci e pugni. Anna Rosa inizialmente aveva deciso di non denunciare l’uomo, che alla fine riusciva sempre a farsi perdonare. L’aveva soggiogata psicologicamente. La mamma della donna, Camilla, era una infermiera, venne sapere solo in un secondo momento da alcune colleghe delle aggressioni subite dalla figlia.

La situazione si era fatta insostenibile. Anna Rosa decise per la prima volta di denunciare l’uomo, al quale fu imposto un divieto di avvicinamento a trecento metri. Ma questo non fece altro che peggiorare la situazione. Chieco addirittura diventò più aggressivo e minaccioso. Il culmine venne raggiunto il 15 luglio 2005, quando l’uomo colpì Anna Rosa con quindici coltellate sotto gli occhi di uno dei due figli della donna, che all’epoca dei fatti aveva soltanto sette anni.

Le continue minacce

Dopo un lungo coma, Anna riuscì a salvarsi per miracolo. Nonostante i numerosi danni subiti dalla furia dell’uomo. Chieco, però, tra riti abbreviati, sconti di pena e indulto, si fece solamente diciannove mesi di carcere e altrettanti di domiciliari. Qua la beffa nella beffa. La casa dell’uomo, infatti, distava meno di trecento metri e in questo modo lui riusciva a spiarla con il binocolo. Una volta tornato libero, l’uomo tornò nuovamente a minacciare Anna Rosa, nonostante il divieto di avvicinarsi e contattarla.

Le denunce fatte dalla donna furono del tutto ignorate, mentre l’uomo si mostrava dolce nel disperato tentativo di poterla riconquistare. Il primo gennaio del 2010 riuscì a convincere Anna Rosa a dargli un’altra possibilità. Ma con l’inganno la portò in una stradina isolata, minacciandola di buttarla in un burrone prima e di chiuderla in una tavernetta poi. In quella circostanza, la donna fu salvata dall’intervento dei carabinieri, allertati dalla madre a cui la donna aveva mandato un sms disperato.

In tutte le denunce, Anna Rosa aveva raccontato di essere perseguitata e minacciata in continuazione, anche pubblicamente in strada. I giudici, però, si soffermarono su quella che era l’accusa più leggera nei confronti di Chieco. Quella di stalking.

Il tragico epilogo si ebbe nel dicembre 2010. Poco dopo le 18, la donna chiamò la polizia, raccontando di essere seguita da diverso tempo in strada da Chieco, ad una distanza di pochi metri. Il poliziotto al telefono le spiegò che quella era una zona di competenza dei carabinieri e per questo la invitò a chiamare il 112 direttamente. Anna Rosa successivamente chiamò i carabinieri, che le spiegarono però che sarebbero potuti intervenire solo in caso di flagranza di reato.

Le richieste di aiuto inoltrate dalla donna furono inascoltate per tutta la sera. Fino alle 21, quando Anna Rosa fu aggredita davanti a casa dall’uomo. L’aggressione avvenne sotto gli occhi del figlio maggiore della donna e della sua fidanzata. Nemmeno le telefonate disperate del ragazzo e della fidanzata riuscirono a far intervenire immediatamente i carabinieri. Fu infatti un altro militare a chiamare in caserma, chiedendo subito una ambulanza. Che arrivò, ma quando ormai era troppo tardi. Anna Rosa era già morta. Il figlio, che ha assistito alla scena è ancora disperato: “Nessuno l’ha ascoltata né l’ha voluta aiutare, se non ci fossero state così tante negligenze io ora potrei abbracciare ancora mia mamma”.