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Attacco hacker Ulss 6 Euganea in Veneto: pubblicati i dati sanitari di alcuni utenti

attacco hacker Veneto

La Procura distrettuale di Venezia ha posto sotto sequestro un sito web in cui erano presenti i dati sanitari di alcuni utenti.

Ulss 6 Euganea, in Veneto, è stata coinvolta in un attacco hacker. I dati sanitari di alcuni utenti sono stati pubblicati. Subito avviate le indagini.

Attacco hacker in Veneto

A distanza di alcuni mesi dall’attacco hacker subito dalla Regione Lazio, anche il Veneto si trova a fare i conti con alcuni pirati informatici.

La Procura distrettuale di Venezia ha sequesrato un sito web contenente i dati diffusi dai pirati informatici firmatisi lockbit 2.0. A essere presi di mira sono stati gli archivi digitali della Ulss 6 Euganea (Padova), resi inutilizzabili dopo una loro parziale pubblicazione sul dark web.

Attacco hacker in Veneto: avviate le indagini

Le indagini sono state avviate dopo la richiesta di estorsione fatta dagli autori dell’attacco. I responsabili hanno chiesto all’Ulss 6 il pagamento di una somma di denaro per la decriptazione del sistema informatico. In caso contrario, hanno minacciato di pubblicare (come in parte avvenuto) alcuni documenti personali e sanitari prelevati.

Poco dopo lo scadere del termine per il pagamento, gli hacker hanno pubblicato parte dei dati: un’ingenuità che è costata caro agli autori dell’attacco. In questo modo, infatti, la Polizia postale è riuscita a risalire alla fonte bloccandola su ordine della Dda veneziana. L’attacco è riconducibile a un dominio uzbeko.

Attacco hacker in Veneto: le parole del governatore Zaia

Subito dopo il tentativo di estorsione, il governatore del Veneto aveva commentato la notizia, rifiutando di cedere al ricatto.

“Non ho informazioni dettagliate, la Procura sta indagando, ed è una partita che riguarda un’azienda sanitaria. Ma quando si parla di cybersecurity non si parla di cose fuori dal mondo. Sono cose già avvenute in Lazio e in molte altre aziende. Per legge abbiamo sempre l’obbligo di comprare servizi di tutela. Uno dei canali d’ingresso di questi criminali è anche lo smart working, per esempio l’utilizzo di password simili al lavoro e per le cose personali. Si stanno facendo esami per capire se sono entrati da questa porta”, aveva spiegato Luca Zaia.