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Cambiamenti climatici, allarme WWF alla vigilia del vertice di Parigi

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Quando mancano pochi giorni al Summit delle Nazioni Unite per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per i prossimi 15 anni (il vertice si svolgerà infatti a New York dal 25 al 27 settembre) e con la Conferenza Internazionale sul Cambiamento Climatico COP21 di Parigi alle porte (si svolgerà dal 30...

Quando mancano pochi giorni al Summit delle Nazioni Unite per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per i prossimi 15 anni (il vertice si svolgerà infatti a New York dal 25 al 27 settembre) e con la Conferenza Internazionale sul Cambiamento Climatico COP21 di Parigi alle porte (si svolgerà dal 30 novembre all’11 dicembre) il WWF ha lanciato l’allarme sui cambiamenti climatici pubblicando il report “Ghiaccio bollente”, incentrato sulla situazione dei ghiacciai mondiali.

I dati del report non sono affatto buoni e non sono neppure sono una novità, ma l’intento del WWF è proprio quello di richiamare l’attenzione mondiale sul problema dei cambiamenti climatici in prossimità dei vertici in cui si dovrà discuterne.

I ghiacciai mondiali sono di fondamentale importanza per le risorse idriche, per la mitigazione del clima, per il mantenimento dell’equilibrio oceanico e, in definitiva, per il controllo delle emissioni di gas serra. Una forte riduzione o, addirittura, in alcuni casi, la perdita di tale componente, comporterebbe fra l’altro una riduzione delle risorse idriche (cui potrebbero conseguire disastri anche dal punto di vista sociale, fino allo sconvolgimento dell’ordine mondiale, dal momento che intere zone del pianeta potrebbero diventare inabitabili, provocando migrazioni di massa a confronto delle quali l’emergenza profughi di questi mesi sembrerebbe un fatto del tutto trascurabile) e provocherebbe un innalzamento del livello degli oceani e una modifica del livello di salinità di questi ultimi che rischierebbe di avere conseguenze sugli equilibri globali in termini climatici e di catena alimentare (con ripercussioni anche per l’uomo).

Il report del WWF parla di un innalzamento di temperatura medio, nelle zone in corrispondenza dei ghiacciai (Himalaya, Alaska, Alpi e Patagonia, ad esempio) doppio rispetto a quello di altre aree del pianeta. La temperatura media in Antartide è cresciuta di 3°C ogni anno negli ultimi 50 anni. La superficie ghiacciata dell’Artico si riduce, secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC (l’Intergovernmental Panel on Climate Change) di circa il 4% ogni anno. Sulle Alpi, solo per fare un esempio a noi vicino, la superficie dei ghiacciai è passata dai 519 chilometri quadrati del 1962 ai 368 attuali, con un riduzione del 40% circa. Anche il permafrost, il terreno ghiacciato che si trova in alcune regioni artiche, si sta riducendo, ed è stato osservato che il suo scioglimento libera in atmosfera metano e anidride carbonica, entrambi gas a effetto serra.

Da Roma, dove da domani si svolgerà un vertice sui legami fra cambiamenti climatici e modelli di sviluppo economico, è arrivato l’appello di Annamaria Procacci, consigliera nazionale dell’Enpa: “fate bene, fate presto. La febbre del pianeta non può attendere. Le politiche miopi, gli attendismi, gli espedienti rischiano di affossare gli obiettivi, sia pure limitati, del Protocollo di Kyoto, pregiudicando la vita di tanti, umani e non umani. E tanti, umani e non umani, stanno già pagando il prezzo del surriscaldamento globale. Occorre agire a 360 gradi contro tutte le cause di questa epocale emergenza”. Occorre, ha poi aggiunto Annamaria Procacci, “ridiscutere modelli economici e produttivi, e stili di vita che stravolgono il pianeta, quelli del mondo occidentale che i Paesi emergenti, tra cui Cina, India e Brasile, stanno adottando in modo massiccio”.

Il tema dei cambiamenti climatici diventa quindi anche la ridiscussione delle abitudini della popolazione mondiale, a partire da ogni aspetto della vita quotidiana. Persino l’alimentazione è un aspetto per nulla trascurabile, se si considera che il consumo di carne, ricorda ancora Annamaria Procacci citando i dati della Fao e il rapporto Liverick del 2011, è “destinato a crescere del 73% entro il 2050, raggiungendo 465 milioni di tonnellate l’anno”, con conseguente “forte incremento dei sistemi di allevamento intensivo su larga scala”, che a loro volta comportano “la deforestazione, lo sterminio della biodiversità, il rilascio in atmosfera di enormi quantità di anidride carbonica, la progressiva desertificazione dei terreni”. “Se vogliamo uscire dalla morsa dell’avvelenamento del Pianeta e del surriscaldamento globale” ha concluso la consigliera Enpa “occorrono coscienza e coraggio, e una riconciliazione con le altre specie, superando la vana presunzione di poter essere i dominatori del Pianeta”.

Lo scrittore Kurt Vonnegut, in una conferenza a Indianapolis, scrisse, con la consueta verve: “cosa possiamo fare per il riscaldamento globale? Possiamo spegnere la luce, immagino, ma vi prego di non farlo. Io non riesco a immaginare in che modo si possano riparare i danni all’atmosfera. Ormai è troppo tardi”.

Era il 2007, sono passati quasi dieci anni e per “riparare i danni all’atmosfera” si è fatto davvero molto poco. Occorre fare in modo che le cose cambino, d’ora in avanti, sperando però, al contempo, che Kurt, nel dire che ormai è tardi, non avesse ragione.