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Controllare il cellulare appena svegli fa male e nasconde una falsa paura

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La paura di essere tagliati fuori dal mondo. Per questo guardiamo il cellulare al mattino

Al mattino, appena svegli, quando si posa il primo piede sul pavimento, il cervello ha bisogno di riconnettersi. Molte persone scherzano sostenendo di non riuscire neppure a guardarsi allo specchio e di fissare la tazzina del caffè nel vuoto. Tutto normale. Il problema è che, dalle connessioni neuronali del cervello, veniamo assorbiti sempre più da quelle in internet, anche al risveglio. Insomma, lo smartphone ci perseguita anche al mattino, prima della colazione, e questo comportamento non fa bene alla salute.

Il cellulare appena svegli fa male

In un mondo sempre più interconnesso gli smartphone stanno diventando il gancio verso una dipendenza di massa, che non fa bene alla salute. Questo apparecchio non ci dà pace, neppure al mattino, appena svegli. La prima cosa che fanno in tanti è precipitarsi dal letto per controllare le notifiche. Neppure il tempo di un caffè e siamo già ipnotizzati dallo schermo.

Guardare il telefono appena svegli fa male?

Il professor Piero Barbanti, neurologo dell’Istituto Scientifico “San Raffele” di Roma, non ha dubbi. “L’utilizzo immediato del telefono da appena svegli – spiega a il Messaggero – ha conseguenze sul nostro organismo. Equivale a seppellire il cervello di informazioni facendolo correre di prima mattina, dietro ispirazioni banali o drammatiche, che fanno passare troppo rapidamente il cervello da una fase creativa notturna a una fase servile diurna, generando ansia e tecnostress”.

Perché guardiamo il telefono appena svegli?

Secondo i dati Deloitte almeno un terzo degli utenti in tutto il mondo controlla il cellulare appena svegli. Questo comportamento non ha solo delle conseguenze, ma nasconde ben altri disagi, che sono quelli della società liquida contemporanea, e porta alle dipendenze.

“La dipendenza dagli smartphone è un fenomeno che riguarda tutti, e ad essere colpiti sono per lo più gli adulti. I dati scientifici e statistici – avverte Barbanti – ci parlano di una crescita dei disturbi legati alla tecnologia. La sensazione che si trova dietro la dipendenza dell’utente è la paura di essere tagliato fuori da qualcosa o trovarsi in una situazione di pericolo e non accorgersene, e questa è una follia, la vita va avanti anche senza di noi”.

È un’idea sbagliata, precisa il professor Barbanti. “Quella di perdere un’opportunità, o che, se c’è qualcosa di pericoloso, non potrà essere avvertito in tempo. La sfida è provare a stare una mezza giornata senza wi-fi. Le sensazioni iniziali sarebbero quelle di smarrimento, mancanza, nervosismo, fatica, ma durerebbero pochissimo”.