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COVID-19: la Ricerca si concentra sulla relazione con il DNA

COVID-19 ricerca legame DNA

La correlazione tra DNA e COVID-19 è al centro della ricerca del Professor Stefano Duga, Ordinario di Biologia Molecolare di Humanitas University.

La diffusione dell’epidemia di COVID-19 ha colpito milioni di persone in tutto il mondo, determinando un ampio numero di vittime anche nel nostro paese.

Tuttavia, pur essendo una malattia dall’elevato tasso di ospedalizzazione, sia tra gli uomini sia tra le donne, si è da subito osservata una maggiore severità dei sintomi nella fascia over della popolazione, con una incidenza sulla mortalità sensibilmente maggiore negli individui di sesso maschile.

Tutto questo ha spinto Fondazione Humanitas per la Ricerca, da sempre in prima linea nella gestione dell’emergenza, a indagare sul DNA e sulla capacità di alcuni fattori genetici di influenzare la suscettibilità e la gravità dell’infezione da SARS-CoV-2.

Il legame tra COVID-19 e DNA al centro della ricerca

La particolare correlazione tra DNA e COVID-19 è al centro della ricerca del Professor Stefano Duga, Ordinario di Biologia Molecolare di Humanitas University.

Insieme a un team di ricercatori e alle professoresse Rosanna Asselta e Elvezia Maria Paraboschi, il Professor Duga si è posto l’obiettivo di individuare quei fattori genetici che possono avere un ruolo non soltanto sulla maggiore sensibilità al contagio di alcune particolari categorie di individui, ma anche sui diversi decorsi clinici e sulla differenziazione tra la gravità dei sintomi avvertiti da pazienti di genere maschile rispetto a quelli di genere femminile.

La prima parte della ricerca si è quindi concentrata su alcune cause strettamente dipendenti dal sesso, ma di natura genetica, legate al ruolo che due geni, ACE2 e TMPRSS2, hanno nel favorire il contagio.

In particolare, questi geni, che codificano per proteine di membrana, hanno un ruolo nel consentire il legame tra le proteine Spike presenti sulla superficie del Coronavirus e le cellule e l’ingresso del virus nelle cellule stesse. Poiché il gene TMPRSS2, è controllato dagli ormoni sessuali maschili, è possibile che i suoi livelli di espressione negli uomini favoriscano una maggiore propensione alla infezione nei maschi.

Scopri di più sullo studio di Fondazione Humanitas per la Ricerca.

DNA e COVID-19: i risultati della ricerca

Allo stato attuale, lo studio della Fondazione Humanitas per la Ricerca ha rilevato la presenza di varianti genetiche nella popolazione italiana, che presentano frequenze significativamente diverse rispetto alla popolazione europea e a quella cinese: un indizio che queste varianti genetiche potrebbero avere un ruolo nel rischio di contagio da COVID-19.

Per questo, la nuova sfida dei ricercatori della Fondazione è quella di estendere tale analisi di tipo genetico all’intero genoma, in modo da individuare efficacemente quali siano i fattori che possano influenzare le possibilità di contagio e la gravità delle manifestazioni cliniche della malattia.

Più nel dettaglio, conoscere le varianti presenti nel DNA può aiutare a identificare con un certo anticipo i fattori di rischio, così da individuare i pazienti soggetti a forme di contagio più severe e distinguerli da quelli il cui organismo è capace di una migliore reazione al virus.

Questo potrebbe permettere ai medici di modulare al meglio i singoli approcci terapeutici, fornendo non solo un’assistenza più accurata ai pazienti affetti da Coronavirus, ma garantendo anche una migliore organizzazione dei necessari interventi sanitari.

L’altro grande vantaggio di questa ricerca è quello orientato a comprendere se i farmaci già approvati, quindi attualmente disponibili sul mercato, possano aiutare a contrastare l’infezione da COVID-19: un risultato che potrebbe rivelarsi vincente soprattutto dal punto di vista delle tempistiche di cura, perché consentirebbe di trattare i pazienti affetti da Coronavirus con medicinali già esistenti, senza dover attendere i tempi necessari alla sperimentazione pre-clinica di nuovi farmaci.

COVID-19: il futuro della ricerca è nel DNA

La prima parte dello studio sulla correlazione fra coronavirus e DNA è stata pubblicata sulla rivista Aging (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32501810/).

Successivamente, nel contesto di una ampia collaborazione internazionale fra diversi gruppi di ricerca europei, è stato condotto uno studio esteso a tutto il genoma per identificare le regioni associate alla suscettibilità a forme gravi di malattia. Il frutto di questo lavoro è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32558485/).

Attualmente, il team della Fondazione Humanitas per la Ricerca, affiancato anche dal Policlinico di Milano e dall’Università Milano Bicocca, sta cercando di allargare ulteriormente la casistica di pazienti analizzati per identificare ulteriori regioni genomiche collegate alla gravità della malattia. Sono in corso anche studi di analisi combinata di decine di casistiche raccolte a livello planetario (studi di meta-analisi) per individuare le regioni genomiche responsabili della suscettibilità all’infezione.