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Covid, Abrignani (Cts), "Non basta una dose per fermare la variante indiana"

Covid Abrignani Cts

Contro la variante indiana non basta una dose, ma casi non gravi. A dirlo l'immunologo e membro del Cts Sergio Abrignani.

“Contro l’indiana c’è bisogno di aver fatto due dosi di vaccino, con una non si è protetti abbastanza. Del resto hanno fatto tantissime prime somministrazioni”, queste le parole dell’immunologo e membro del comitato tecnico Scientifico Sergio Abrignani che in una recente intervista rilasciata al quotidiano “La Repubblica” ha messo in evidenza come una sola dose di vaccino contro la variante indiana potrebbe non essere sufficiente. Al contempo l’immunologo ha osservato come il fatto che i casi rilevati in genere non siano riservati faccia ben sperare. Abrignani ha quindi invitato la popolazione a vaccinarsi il più fretta possibile con la speranza che in futuro possano vedere la luce mutazioni peggiori della varianti indiana. 

Covid Abrignani Cts, “Stiamo convivendo con un brutto virus”

L’immunologo dell’Università di Milano durante la sua intervista ha proseguito parlando di come una delle prime criticità sia quello di bloccare la variante indiana prima che arrivi in Italia. “Da una parte vediamo una variante molto contagiosa e il nostro problema è fermarla prima che arrivi da noi” – ha aggiunto, mettendo in evidenza come “Il fatto che i casi generalmente non siano gravi ci fa ben sperare sul fatto che i vaccinati non si ammalino in forma severa. Anche se la variante indiana dovesse arrivare qui, quindi, probabilmente non metterebbe sotto pressione il nostro servizio sanitario”.

Covid Abrignani Cts, “Ho più fiducia nei giovani che negli over 60”

Nel frattempo in una recente intervista rilasciata ad Open Abrignani ha parlato vaccinare la fascia più giovane sia una fase importantissima. “Se da un lato gli over 60 ancora da vaccinare preoccupano, dal 3 giugno il Paese sarà pronto ad aprire le prenotazioni a chiunque voglia ricevere la sua prima dose, senza più procedere quindi per fasce d’età”, ha aggiunto a tal proposito l’immunologo osservando come proprio la voglia di ripartire da parte dei giovani sia un valore importantissimo. “Quello che percepisco è un approccio al vaccino come vero e proprio lasciapassare per una vita che hanno perduto. Stiamo parlando della “generazione Ryanair”, del prendo e parto, di chi vuole tornare in discoteca a ballare. Non hanno potuto fare tutto questo per un anno e mezzo” – ha spiegato l’esperto.  

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Non ultimo da parte dell’esperto non è mancata una riflessione su cosa stiamo concretamente affontando. “La storia racconta la seconda guerra mondiale come il più grande cataclisma per il nostro Paese con 90 mila vittime all’anno, Covid-19 ha superato ampiamente questo numero in 15 mesi. Stiamo parlando di una cosa epocale e qui si discute ancora di dover convincere le persone o i giovani, facendone una disputa sulla libertà? Mi sembra surreale”.