> > Covid, Pregliasco: “Il virus è ancora in circolazione. L’immunità ibrid...

Covid, Pregliasco: “Il virus è ancora in circolazione. L’immunità ibrida può non bastare”

covid virologo pregliasco

Per contrastare la diffusione del Covid in Italia, secondo il virologo Fabrizio Pregliasco, l’immunità ibrida potrebbe non essere sufficiente.

Il virologo Fabrizio Pregliasco ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito all’attuale diffusione del Covid in Italia. Ai microfoni di Fanpage.it, l’esperto ha commentato i dati ufficiali rilasciati dal Ministero della Salute e si è soffermato sul concetto di “immunità ibrida”.

Il punto su SARS-CoV-2

Sono trascorsi ormai quattro anni dalla dichiarazione con la quale l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato la pandemia indotta dalla diffusione del SARS-CoV-2. Anche se le misure per contrastare la circolazione del virus sono state rimosse quasi del tutto in contesto internazionale, l’agente patogeno circola ancora e si evolve in varianti più immunoevasive. Se è vero che la fase più critica della pandemia è ormai lontana, non si può dire con altrettanta tranquillità che la malattia sia ormai divenuta innocuo. I bollettini più recenti rilasciati dalle autorità sanitarie, infatti, mostrano un significativo aumento dei contagi e la presenza di centinaia di vittime a settimana.

Stando all’ultimo rapporto pubblicato dal Ministero della Salute italiano, ad esempio, nella settimana 7-13 dicembre 2023, ci sono stati più di 55 mila positivi nella Penisola e 316 morti.

L’attuale contesto e i possibili rischi legati agli strascichi della pandemia Covid sono stati commentati dal virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’IRCCS Ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio e Professore associato di Igiene Generale e Applicata presso la sezione di Virologia del dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano, ai microfoni di Fanpage.it.

Covid, il virologo Pregliasco: “Immunità ibrida può non bastare”

“Diciamo che noi un’immunità ibrida ce la siamo guadagnata praticamente tutti, perché abbiamo subito un’infezione, ci siamo vaccinati, oppure ci siamo vaccinati e poi abbiamo subito un’infezione o viceversa. Molti di noi non hanno neanche contezza di aver avuto l’infezione, perché la peculiarità e la capacità invasiva di questo virus sta proprio nel fatto che fa un bel po’ di casi asintomatici”, ha detto l’esperto commentando gli effetti attuali del contagio e paragonandoli con quelli che si sono manifestati nelle prime fasi della pandemia.

“Qualcuno magari mi dice ‘non ho mai fatto il Covid’, ma in realtà non sa di averlo subito e gli è andata bene. Però diciamo che ha acquisito una risposta immunitaria. Questa immunità ibrida però un po’ viene ‘fregata’ dal fatto che il virus ha le sue varianti. È qui la forza del coronavirus, che non ha una intelligenza nel creare varianti, ma semplicemente è instabile nella sua capacità di replicazione”, ha continuato Pregliasco. “Tutti gli altri virus sono molto più attenti, mentre questo è come se fosse fatto da una cuoca che tutti i giorni deve fare delle torte: le prime le vengono bene, ma poi sbaglia la ricetta. Non seguire la ricetta può portare a dei guai spesso e volentieri, ed è così anche con i virus. Ma magari qualche variante della torta – magari con l’aggiunta di un po’ di pistacchio – diventa anche un po’ più buona, non so se mi spiego”.

Contagi e varianti

Esprimendosi sui soggetti che hanno contratto la malattia in modo lieve in passato mentre oggi riscontrano sintomi più gravi dopo il contagio, ha spiegato: “C’è questa immunità ibrida che in qualche modo ci difende, ma anche qui possiamo fare un’altra metafora. Il nostro organismo si fa un identikit del cattivo, ma il cattivo si fa crescere i bassi, se li taglia, e quindi – qui è la risposta alla sua domanda – in funzione della propria situazione contingente e anche della capacità della risposta immunitaria per patologie intercorrenti, può non riconoscere il cattivo con i baffi. Oppure lo riconosce tardivamente e quindi subisce comunque l’infezione, la malattia. Anche una più pesante di quelle che aveva avuto in passato, perché dipende proprio da come si riesce a reagire all’identikit della variante”.

Quando al virologo è stato chiesto se esista il rischio che si sviluppino varianti immunoevasive “peggiori” delle attuali sottovarianti di Omicron, l’esperto ha sottolineato che “il virus non è intelligente, non sceglie cosa fare”.

E ha precisato: “Praticamente commette degli errori e utilizza il principio darwiniano del caso e della necessità. Espone tutta la sua mercanzia e se ha caratteristiche evolutive vantaggiose per lui emerge, mentre gli altri ‘vanno a farsi benedire’. Darwin diceva questo: emergono le varianti e vince chi è più vantaggioso. Ad oggi in un contesto come questo potrebbe venir fuori un cigno nero, che è una variante pazzesca, cattiva. Però tutto sommato nell’ambito attuale, anche dei controlli della salute, una malattia grave e pesante oggi forse riusciremmo a tamponarla, perché siamo ancora attenti a questo aspetto. È più probabile invece vedere un’evoluzione continua come quella che stiamo evidenziando. Cioè virus sempre più contagiosi, per riuscire a penetrare in quel contesto di infezioni ibride, che devono cercare di superare. Parliamo quindi di un virus più buono, così con gli asintomatici e quelli che tossiscono un pochino riesce a diffondersi su ampio raggio. In fondo al virus non interessa ammazzare le cellule. Anzi, è un parassita che se convive bene per lui è meglio. Un maestro in questo senso è il virus dell’epatite C, ma anche l’HIV. Quello dell’epatite C fa un sacco di esportatori sani che infettano gli altri. Per anni ci si porta il virus nel fegato e solo a distanza di 15 – 20 anni dà degli effetti negativi”.