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Puglia, sequestro: 11 tonnellate di pesce "scaduto nel 2011"

Puglia, sequestrate 11 tonnellate di pesce

Un'operazione della Guardia Costiera in Puglia ha portato al sequestro di 11 tonnellate di pesce. Ritrovati molluschi e crostacei scaduti nel 2011.

Con la Vigilia di Natale si avvicina, soprattutto nel Sud Italia, la cena di magro del 24 dicembre. In tale occasione è tantissimo il pesce acquistato dalle famiglie italiane. I commercianti conoscono bene tale dinamica e si apprestano per venderne la maggior quantità possibile. C’è però chi, per massimizzare i profitti, non si cura della salute dei propri clienti e della qualità della merce venduta. La Guardia Costiera pugliese ha infatti sequestrato un totale di circa undici tonnellate di pesce, delle quali una parte è scaduta nel 2011.

Guardia Costiera sequestra tonnellate di pesce

I controlli svolti dalla Guardia Costiera italiana rientrano nell’operazione “Confine illegale” condotta per di bloccare i traffici illeciti, in aumento nel periodo natalizio. Diversi i luoghi in cui è stato ritrovato pesce illegale. A Bari è stato bloccato un camion proveniente dalla Grecia. Al suo interno tre tonnellate di spigole e orate divise in 480 casse, in uno stato di conservazione pessimo e potenzialmente pericoloso.

La Guardai Costiera si è occupata anche di effettuare serrati controlli sulle attività di pesca. Da due aziende della zona industriale di Bisceglie, nella provincia di Barletta-Andria-Trani, sono stati sequestrate casse di molluschi e crostacei. Si tratta di quattro tonnellate di polpi, seppie, calamari e scampi provenienti da lotti congelati con scadenza tra il 2011 e il 2012.

Tra Trani e Barletta, invece, è stato fermato un camion proveniente dalla Bulgaria che trasportava mitili (4.800 kg di cozze nere, 600 kg di noci, 800 kg di mussoli, 1.000 kg di ostriche, 300 kg di fasolari e 800 kg di cozze pelose). La Guardia Costiera ha ritrovato all’interno del mezzo un totale di otto tonnellate di vongole e cozze prive della tracciabilità necessaria per legge. L’assenza di tracciabilità rende la merce illegale, dal momento che non riporta informazioni su tempi e modalità di depurazione.