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Coronavirus, il medico dell'ebola: "Questa guerra è più dura"

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Claudio Blé, noto medico infettivologo ormai in pensione, è tornato in prima linea contro il coronavirus, raccontando al sua esperienza con l'ebola.

Claudio Blé, noto medico infettivologo ormai in pensione, è tornato come tanti suoi colleghi a combattere in prima linea contro il coronavirus, ma dalla sua lunga esperienza contro l’ebola dichiara che questa guerra può risultare più dura.

Coronavirus, Blé: “Più dura dell’ebola”

L’emergenza sanitaria ha riportato in corsia tutti i medici, compresi quelli ormai in pensione. Tra questi, spicca Claudio Blé, medico di 69 anni infettivologo che è tornato a vestire il suo camice nell’ospedale di Empoli per combattere in prima linea il coronavirus.

Il medico però non metterà solo a dispozione la sua trentennale esperienza come specialista infettivo, ma sopratutto come “sopravvissuto” dell’ebola, in quanto capace di combattere contro questa malattia in Africa. Intervistato da Tgcom24, il medico racconta la sua esperienza tra Africa e Italia.

Il duro confronto

L’inizio non può che riguardare la sua esperienza in Africa: “Un rapporto di vecchia data. Ero giovane quando sono partito la prima volta. Subito dopo la laurea sono andato in Uganda a operare in un ospedale missionario. Poi ho avuto la possibilità di lavorare per alcuni anni in Etiopia, Mali e Tanzania. Sono tornato in Uganda vent’anni fa quando è scoppiata l’epidemia di Ebola”.

Da un punto di vista scientifico, Blé ha avuto l’occasione di vedere l’andamento di entrambe le malattie, e per questo motivo garantisce che c’è una differenza sorprendente tra le due: ” Circoscrivere la diffusione dell’Ebola può essere più facile. Per prima cosa, il contesto africano è molto diverso: In Uganda c’era un ambiente rurale e questo rendeva più facile arginare il contagio e monitorare i contatti tra le persone. Gli ambienti urbani, invece, favoriscono il contagio e riducono il controllo“.

Assenza di sintomi pericolosa

Se da un lato l’ebola è letale ma più facilmente riscontrabile, dall’altra per l’infettivologo è proprio l’assenza di sintomi a rendere più ostico il contenimento del coronavirus: “Sì, è vero che l’Ebola si trasmette con facilità ma ha un’incubazione abbastanza breve e una sintomatologia evidente. E poi, non c’è il grande problema degli asintomatici che possono diffondere la malattia senza controllo”.

“Al contrario, il coronavirus con la sua assenza di sintomi complica molto il contenimento, perché gli asintomatici sono difficilissimi da monitorare e controllare. Per questo, in un contesto così ampio e urbano, si è reso necessario chiudere tutto e ridurre al minimo i contatti tra le persone”, specifica il medico.