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Coronavirus, la caccia non si ferma: la denuncia degli animalisti

Coronavirus caccia

L'emergenza sanitaria del Coronavirus ha bloccato l'Italia e fermato tutte le attività, a eccezione della caccia. Gli animalisti protestano.

Le misure di contenimento adottate dal governo e dalle singole regioni hanno chiuso il nostro Paese e fermato tutte le attività, a eccezione di quelle strettamente necessarie. Il Coronavirus ha bloccato l’Italia e gran parte della sua economia, ma la caccia non si ferma. Contro la scelta adottata dal Paese si sono schierati gli animalisti. Anche associazioni come WWF Italia, Enpa, Lac, Lav, Lipu criticano le decisioni a cui alcune regioni stanno andando incontro.

Coronavirus, gli animalisti contro la caccia

Alcune regioni pare stiano emanando provvedimenti a favore delle attività venatorie, in controtendenza rispetto ai provvedimenti più rigidi e restrittivi adottati finora per contenere la diffusione del Covid-19, che nel mondo continua a mietere vittime.

Secondo le associazioni animaliste, alcune regioni “stanno emanando provvedimenti a favore della caccia, a partire dalle leggine incostituzionali fino alle autorizzazioni per l’attuazione di piani di “controllo” della fauna, che consentiranno ai cacciatori-selecontrollori di uscire sul territorio in totale disprezzo ai provvedimenti restrittivi assunti dal Governo. Nonostante i divieti e le forti limitazioni negli spostamenti, i cacciatori potranno uscire per svolgere la propria attività lavorativa, rispettando i confini della provincia di appartenenza. In particolare, Emilia Romagna e Veneto hanno attivato i “piani di controllo della fauna selvatica”.

Gli animalisti, criticando le regioni, ritengono che il personale pubblico potrebbe essere impiegato diversamente in questo periodo di emergenza. Inoltre, ricordano le associazioni, si tratta di due delle regioni più danneggiate a causa del Covid-19. Ulteriori spostamenti non contribuirebbero al contenimento del virus.

Il caso della Lombardia

Con un’ordinanza pubblicata il 10 gennaio 2020, il TAR della Lombardia, la regione più colpita dal Coronavirus, aveva seguito la segnalazione di Enpa e Lac. Così erano state sospese alcune parti del piano che prevedeva l’uccisione delle volpi sul territorio della provincia di Lodi, poi rivelatosi primo focolaio dell’epidemia. Infatti, tale piano violava la Legge nazionale sulla tutela degli animali selvatici, come sottolineato dal Tribunale. Tuttavia, lo scorso 5 marzo, la Regione ha chiesto al Consiglio di Stato la riforma dell’ordinanza in questione.

La Lav ha subito replicato alla decisione portata avanti dalla Lombardia: “È raccapricciante dover constatare che in piena emergenza Coronavirus, in Lombardia, la regione più martoriata del nostro Paese, gli amministratori hanno buon tempo da spendere per pensare agli interessi dei cacciatori e alla tutela del loro passatempo. In effetti sarebbe stato sufficiente attendere il prossimo 16 luglio, quando al Tar si terrà l’udienza di merito, per sostenere le ragioni di coloro che vorrebbero uccidere quante più volpi possibile, solo perché sono competitori dei cacciatori”.

Le disposizioni nelle altre regioni

In Sardegna è stata approvata una norma sul controllo faunistico, secondo la quale il proprietario di un terreno agricolo può dare il via libera ai cacciatori nei propri fondi. Le associazioni parlano di un gesto “incostituzionale”, ricordando che 6 sentenze della Corte Costituzionale hanno bocciato leggi di questo tipo.

La Regione Piemonte, invece, ha definito un nuovo disegno di legge che offre ai cacciatori la possibilità di uccidere altre 15 specie. Così facendo, viene cancellata la norma che avrebbe consentito ai proprietari dei fondi di vietare la caccia sui propri terreni. Nel Lazio è ammessa la caccia nelle “aree contigue” del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Come sottolineato dalle associazioni animaliste, è in quell’area che vive l’Orso marsicano già a rischio di estinzione.

“Tutte queste misure determinano l’illegittimo abbassamento del livello di tutela dell’ambiente e della fauna selvatica. La tutela è prevista dalla normativa nazionale e sovranazionale e perseguono il solo e unico obiettivo di ampliare i margini per lo svolgimento della pratica venatoria che, lo si ribadisce, è una mera attività ludica, violando addirittura i DPCM emanati a tutela della salute pubblica. Un atteggiamento che va davvero condannato. Soprattutto in un momento in cui dovremmo tutti sostenere le iniziative di sicurezza del Governo e operare solo e unitamente per il bene comune. Così denunciano le associazioni.