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Migranti fuggiti da centro di accoglienza a Messina: ferito un finanziere

Migranti fuggiti Messina

Sono almeno trenta i migranti fuggiti dall'hotspot di Messina dopo aver aperto un varco nella recinzione: sono in corso le ricerche.

Nella notte tra mercoledì 15 e giovedì 16 luglio 2020 una trentina di migranti sono fuggiti dal centro di accoglienza di Bisconte a Messina. Un finanziere è rimasto ferito ad una gamba dopo un lancio di oggetti ma fortunatamente le sue condizioni non sono preoccupanti.

Migranti fuggiti da hotspot di Messina

La fuga ha avuto luogo dopo una rivolta consumatasi nell’ex caserma Gasparro portata avanti da alcuni ospiti. Approfittando del caos generale venutosi a creare trenta di loro sono riusciti a crearsi un varco in un punto della rete di recinzione che ha permesso di scappare e nascondersi nelle campagne circostanti.

Le forze dell’ordine si sono così messi alla loro ricerca ma ne hanno rintracciato soltanto qualcuno, poi ricondotto all’interno della struttura. Molti dei rivoltosi, che hanno lanciato degli oggetti contro un finanziere ferendolo fortunatamente non in modo grave, sono ancora liberi di circolare per la Sicilia. Polizia e Carabinieri si stanno adoperando per trovarli e riportarli nell’hotspot.

Una situazione che ha destato preoccupazione anche dal punto di vista sanitario e che ha spinto i residenti di Bisconte ad allertare consiglieri comunali e di quartiere.

Siulp: “Colpa di sciagurate politiche migratorie”

Sulla vicenda è intervenuto anche il segretario generale del Siulp (Sindacato Italiano Unitario Lavoratori Polizia) Santino Giorgianni. In una nota ha sottolineato come, ancora una volta, a pagare il prezzo di “sciagurate politiche migratorie che invece di attuare con ogni mezzo possibile un netto contrasto a questa tratta di ‘nuovi schiavi’ la incrementano e la incoraggiano” siano stati uomini e donne in divisa.

Ha quindi denunciato la sordità del Dipartimento della Pubblica Sicurezza che, nonostante le ripetute segnalazioni, continua a disporre carichi di lavoro eccessivi senza consentire al personale il recupero delle energie psicofisiche. L’organizzazione di questi servizi connessi al flusso migratorio, ha continuato, non permettono infatti agli operatori della Polizia di Stato di lavorare in sicurezza. “Il prolungarsi di questa situazione inevitabilmente condurrà allo stremo delle forze provocando in essi i classici disturbi da stress di lavoro correlato“, ha concluso.