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Batterio killer a Verona, una mamma: "Le nostre vite stravolte"

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Il batterio killer nell'ospedale di Verona raccontato dalla mamma di uno dei bambini colpiti: "È un calvario"

Continuano a Verona le indagine per la questione legata al batterio killer nel reparto Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento che ha ucciso 4 bambini e sviluppato gravi patologie in altri 9. La mamma di uno di questi sfortunati neonati ha raccontato la sua esperienza in una lettera a La Stampa. “Il 15 maggio, il telefono ha squillato. Io e il mio compagno abbiamo ricevuto la chiamata che ha stravolto le nostre vite“, scrive la donna che poi aggiunge: “Particolari preoccupazioni non ne avevo, a parte le normali ansie di una neomamma. Ero convinta che lì lui fosse al sicuro. Poi però, un medico mi ha detto che il mio bambino doveva essere trasferito in un’altra struttura perché si era diffuso un batterio che avrebbe potuto colpirlo”.

Batterio killer a Verona, il racconto di una mamma

“Da come mi hanno spiegato – precisa la mamma – mi hanno fatto credere che mio figlio fosse sano. Che lo trasferivano solo per proteggerlo, in via precauzionale. Il nostro piccolo era stato infettato dal Citrobacter che può comportare gravissime conseguenze alla salute e, in alcuni casi, può persino condurre alla morte”.Mi sono messa a piangere. E poco mi importava che i medici continuassero a rassicurarmi, a ripetermi che le condizioni di mio figlio non erano critiche. All’ospedale di Borgo Trento è rimasto ricoverato per due settimane vicino ad altri quattro bambini e in tutto quel tempo nessuno ha detto nulla. Solo una mamma, il 12 maggio, dopo che sua figlia era stata trasferita, mi aveva parlato di un batterio. Ma dall’ospedale hanno sempre tenuto la bocca chiusa. Come si fa – si chiede la donna – a non comunicare ai genitori una situazione del genere? A fare finta di nulla quando di casi ce n’erano già stati? E alcuni bambini erano anche morti? Io, da mamma e da paziente, continuo a chiedermelo. E non trovo risposte. Non riesco a comprendere come si possa mettere in pericolo la salute dei neonati in questo modo”.

Il 22 maggio il bimbo è stato dimesso e da allora è iniziato un nuovo calvario: “Ogni settimana, torniamo per fare il tampone. Un tampone che continua ad essere positivo. È un calvario. Oggi ci arriveranno gli ennesimi risultati e io, a Dio, rivolgo solo una preghiera. Non so quale sarà la sorte di mio figlio, se il virus ha intaccato o intaccherà il cervello. Nessuno mi spiega nulla. So solo che ha subito dei danni, ma ancora non so se temporanei o permanenti. E lui continua a piangere, come a chiedere aiuto. Un aiuto che io non posso dargli”. Il legale dei genitori del bambino ha presentato querela in Procura per lesioni ed epidemia colposa. Il Citrobacter sarebbe stato annidato in un rubinetto dell’acqua utilizzata dal personale e, stando alle prime ricostruzioni, avrebbe colonizzato la fonte d’acqua probabilmente a causa di un mancato o parziale rispetto delle misure d’igiene.