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Piemonte, medici in allarme: "Cardiopatici a rischio"

coronavirus numeri terapie intensive

Piemonte, l'allarme dei medici: "Cardiopatici a rischio se chiudiamo i loro reparti per far posto ai malati di Covid"

La Regione Piemonte è alle prese con la mancanza di posti letto nelle terapie intensive, occupate per la maggior parte da pazienti Covid. Una riunione in Regione ha valutato quali e quante unità intensive coronariche dovranno essere chiuse così da liberare posti in rianimazione per i pazienti Covid. La risposta dei cardiologi è decisa: “L’ipotesi non è sostenibile”.

L’allarme dei medici del Piemonte

Gli ospedali del Piemonte sono in affanno. Per questo, una riunione in Regione ha valutato un eventuale innalzamento del livello di rischio. Ciò comporterebbe una chiusura delle unità intensive coronariche per liberare posti in rianimazione dedicati ai pazienti Covid. Ma per cinque cardiologi piemontesi non è un’ipotesi sostenibile. Un ulteriore passaggio al livello quattro avrebbe intaccato non solo le emodinamiche minori ma anche le altre, salvando solo quelle negli ospedali di prima fascia. Tutto ciò sarebbe insostenibile per una regione che non vanta centri dedicati, come la vicina Lombardia. Mentre tutti concordano nell’impossibilità di passare a un quarto livello, anche un eventuale passaggio al terzo preoccupa. Il Dipartimento preposto all’Emergenza del Piemonte si è detto consapevole che il passaggio al terzo livello avrebbe già effetti molto pesanti sulle cure dei malati coronarici e nella loro diagnosi. Infatti, solo a Torino si dovrebbero chiudere le emodinamiche di Moncalieri e del Maria Vittoria concentrando i servizi alle Molinette, al Mauriziano (dotati anche della cardiolchirurgia) e al San Giovanni.

Medici: “Cardiopatici a rischio”

Il terzo e più grave livello previsto dal Piemonte porterebbe a ciò che è accaduto nella fase uno. “Praticamente venne dimezzata l’interventistica coronarica e pressoché azzerata quella strutturale», racconta il dottor Giuseppe Musumeci, direttore Cardiologia del Mauriziano. L’incipit del documento presentato in Regione espone proprio questo problema. “Durante la prima fase pandemica si è verificata una riduzione degli accessi ospedalieri sia in emergenza-urgenza che di tipo elettivo per le patologie vascolari con gravi ritardi nella diagnosi e nella cura delle stesse, soprattutto per infarto miocardico. Abbiamo evidenziato come una riduzione delle procedure invasive di diagnosi coronarica ed angioplastica a causa del lockdown abbia comportato un aumento delle complicanze e della mortalità. Per questo ogni sforzo deve essere compiuto per non penalizzare le attività di Emodinamica e Cardiologia”. Inoltre, commenta il professor Musimeci: “A fare la differenza fu anche un altro fattore: il timore dei pazienti di recarsi negli ospedali e contagiarsi. La stessa dinamica che ricominciamo a percepire da una settimana a questa parte”.