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Urla contro paziente, medico si giustifica: "Era per salvargli la vita"

paziente taranto

Malgrado le polemiche, l'ospedale di Taranto non prenderà provvedimenti contro il medico che ha urlato contro un paziente Covid in gravi condizioni.

Ho urlato solo per salvarlo, come un padre che urla al figlio, perché non voleva mettersi la maschera Cpap che in quel momento era fondamentale ma non voleva indossare”, con queste parole si è giustificato il medico dell’ospedale Moscati di Taranto Angelo Cefalo, finito al centro delle polemiche per aver urlato contro un paziente Covid in gravissime condizioni. Il medico gli aveva gridato “Tra dieci minuti muori” per convincerlo ad indossare la maschera Cpap, un gesto non sufficiente a salvarlo purtroppo, dato che l’uomo sarebbe morto poche ore dopo.

Medico urla a paziente, le giustificazioni

Le spiegazioni del medico sono state fornite in una conferenza stampa ufficiale indetta presso l’auditorium del padiglione Vinci dell’ospedale Santissima Annunziata. Una conferenza alla quale hanno inoltre partecipato anche il direttore del 118, Mario Balzanelli, e il direttore generale Asl Stefano Rossi, i quali hanno voluto prendere le difese dell’operatore sanitario contro le accuse della figlia dall’anziano morto, un’avvocatessa di Martina Franca.

A tal proposito, mentre descriveva i momenti in cui decise di usare le maniere forti con il paziente, il dotto Cefalo ha dichiarato: Ho conservato come in una cassaforte i messaggi su WhatsApp con la figlia, perché le ho dato la mia disponibilità per spiegarle cosa fosse accaduto e un conforto per la perdita del padre”. Successivamente, il medico ha aggiunto: “Ho fatto l’emogas al paziente, è risultata saturimetria bassissima, era un paziente affetto da cardiopatia e insufficienza renale, con una fistola al braccio, aveva bronchite cronica e diabete. Se fosse stato intubato non ce l’avrebbe fatta, perciò per convincerlo a mettere la Cpap ho utilizzato un linguaggio trasparente, come siamo abituati a fare noi medici che ci relazioniamo con pazienti e parenti”.

In quegli attimi concitati il telefono dell’anziano squillava in continuazione, mentre Cefalo tentava il tutto per tutto: “Tra dieci minuti muori glielo dicevo solo per convincerlo a mettere la mascherina, gli ho detto se aveva voglia di rivedere i suoi nipoti. Ovviamente i dieci minuti non erano reali ma era la mia disperazione emergentista, perché il nostro lavoro si basa sui secondi che erano fondamentali per salvare la vita del paziente, che purtroppo non ce l’ha fatta dopo circa due ore. Quella che è una sconfitta della famiglia è in primis la nostra”.