> > Coronavirus, la discriminazione femminile nelle riunioni online

Coronavirus, la discriminazione femminile nelle riunioni online

coronavirus discriminazione femminile riunioni online

Le riunioni online, sempre più frequenti ai tempi del Coronavirus, amplificano la discriminazione femminile nella conversazione.

La discriminazione femminile sul lavoro si riflette nelle riunioni online, sempre più frequenti ai tempi del Coronavirus. È questa la denuncia fatta da Alisha Haridasani Gupta, scrittrice per il New York Times. La conversazione di uomini e donne, soprattutto durante la partecipazione a meeting di lavoro, si distingue per diversi aspetti. Vediamo come questi possono essere amplificati, e non ridotti, dalla trasposizione delle riunioni su piattaforme online.

Coronavirus, discriminazione femminile nelle riunioni online

Le misure per limitare la diffusione del Coronavirus hanno portato sempre più all’adozione di sistemi per lavorare da casa, il cosiddetto “smart working“. Inoltre, le piattaforme per la videoconferenza come Zoom, Skype e Google Hangouts hanno affrontato una crescita enorme, grazie al ricorso a queste applicazioni per i meeting online. Ma le riunioni in videoconferenza, spiega Alisha Haridasani Gupta, cristallizzano la difficoltà delle donne di far sentire la propria voce nei contesti di gruppo.

Deborah Tannen, professoressa di Linguista all’Università di Georgetown, sostiene che questo fenomeno verrebbe non solo confermato, ma anche amplificato con il ricorso alle riunioni online. La conversazione nei contesti di gruppo, spiega Tannen, è caratterizzata da differenze di genere nello stille e nelle convezioni. In particolare, aspetti quali il tempo di parola, la durata delle pause tra gli interlocutori, la frequenza delle domande e la quantità di conversazioni sovrapposte, differiscono notevolmente fra uomini e donne.

Differenze di genere nella conversazione

“Le donne spesso sentono di non voler occupare più spazio del necessario, quindi spesso sono più concise”, spiega Deborah Tannen, e tendono a parlare in modi più auto-critici o indiretti per apparire gradevoli. Gli uomini, dall’altro lato, tendono invece a parlare più a lungo e possono essere più polemici e critici per essere percepiti come autorevoli.

sky

Con l’avvento dell’emergenza Coronavirus, la professoressa Tannen ha trasposto le lezioni ai suoi studenti in videoconferenza. In questo contesto si aspettava che gli alunni più riservati sarebbero stati più a loro agio nel parlare alla classe. Tuttavia, la Tannen ha riscontrato la manifestazione del fenomeno inverso. “Guardi uno schermo con le facce di tutti i tuoi compagni che ti fissano”, spiega la professoressa, “può essere ancora più intimidatorio“.

La comunicazione non verbale

La comunicazione online, inoltre, elimina tutti i segnali sottili e non verbali che i manager e i team leader sono addestrati a cogliere per condurre al meglio le riunioni. Le teleconferenze o le videoconferenze rendono più difficile sapere per quanto tempo fermarsi prima di far parlare qualcun altro oppure quando qualcuno vuole intervenire.

A questo proposito Mita Mallick, responsabile di Diversità e Inclusione per Unilever, racconta di essere ricorsa ad alcuni espedienti. Per cercare di mostrare l’entusiasmo o l’interesse nei confronti dell’idea espressa da un altro interlocutore in videochiamata, Mallick usa il linguaggio con verbale, come “il pollice in su”, o fare un cuore con le mani. Inoltre, durante una riunione cerca di porre a tutti domande specifiche, in modo che abbiano l’opportunità di parlare.

Un’alternativa alle riunioni online

Basecamp, una società cha da 20 ricorre alle politiche di lavoro a distanza, ha quasi eliminato le riunioni virtuali a meno che non siano assolutamente necessarie. Dà la priorità alla comunicazione scritta a lungo termine, che secondo l’azienda può creare trasparenza e un chiara testimonianza di chi dice cosa.

La ricerca ha scoperto, tuttavia, che anche in questo tipo di comunicazione gli uomini hanno maggiori probabilità di veicolare messaggi più lunghi, dichiarare opinioni come fatti e “sfidare” gli altri.

“La linea di fondo”, conclude quindi Tannen, “è che tutto ciò che pensiamo sarà un equalizzatore risulta non esserlo“.