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Resistenza taciuta: il ruolo delle donne per la Liberazione d'Italia

Il ruolo delle donne nella Resistenza italiana

Staffette, combattenti e altro: le donne hanno svolto un ruolo fondamentale nella Resistenza italiana, ma il loro riconoscimento è stato tardivo.

Il 25 aprile 1945 l’Italia viene liberata dai nazifascisti dopo due anni di lotte su territorio italiano. Quella data rappresenta la vittoria delle forze armate alleate, dell’Esercito Cobelligerante Italiano e dei partigiani contro il governo fascista del Governo Socialista Italiano e l’occupazione nazista. L’anno successivo verrà scelta quella data per istituire la Festa della Liberazione, una delle più importanti della storia della resistenza italiana, cui presero parte uomini e donne con ruolo di partigiani.

La lotta partigiana è contraddistinta dalla sua natura civile e autonoma: i partigiani sono bande di resistenza auto-organizzati contro gli eserciti regolari e spesso difendono un territorio specifico. In Italia hanno preso parte al movimento partigiano soprattutto uomini, animati da un ideale antifascista. Ma non solo: il ruolo delle donne della Resistenza fu fondamentale, anche se il loro riconoscimento arriverà molto tardi.

Il ruolo delle donne nella Resistenza

Si stima che le donne che abbiano preso parte alla Resistenza partigiana siano state più di 70 mila, ma probabilmente erano molte di più. Tra le più famose ricordiamo Irma Bandiera, Carla Capponi, Maria Assunta Lorenzoni e Lucia Ottobrini; l’elenco completo con le loro storie si trova sul sito dell’ANPI. Queste donne svolgevano numerosi compiti: hanno fondato squadre di primo soccorso per aiutare i feriti, consegnavano cibo, indumenti, medicinali e messaggi come staffette partigiane. Inoltre si sono messe a disposizione della comunità di resistenza, prestando aiuto per cucinare, lavare, cucire e assistere i feriti. Infine, prendevano parte alle riunioni, dando il loro contributo politico e organizzativo.

Di fatto correvano gli stessi rischi degli uomini: come loro, anche le donne se venivano scoperte potevano essere giustiziate, torturate, imprigionate e/o violentate. In più le donne non possedevano armi per difendersi. Nonostante questo il loro riconoscimento è avvenuto molto tardi e per questo in storiografia si parla spesso di Resistenza taciuta, secondo la definizione di Anna Maria Bruzzone e Rachele Farina.

Resistenza taciuta: i motivi del tardo riconoscimento

La partecipazione delle donne alla Resistenza fu fondamentale per la Liberazione e rappresenta uno snodo di emancipazione importante. Le donne abbandonano il focolaio domestico e affiancano gli uomini in un momento cruciale per la storia italiana.

Proprio questa liberazione dagli stereotipi femminili è stato uno dei limiti al riconoscimento del ruolo delle donne nella Resistenza. La guerra è una cosa da maschi, il ménage domestico è una cosa da femmine: così vuole la tradizione. La società richiede una donna che sia madre, moglie, protettrice del focolaio, succube, debole. Invece la donna partigiana è una donna che vive in condizioni di promiscuità, convivenza e assenza di controllo parentale. Riconoscere ufficialmente valore a queste donne significa accettare un modello diverso di donna, con un ruolo attivo e non ancillare all’interno della società.

Il riconoscimento del ruolo delle donne nella Resistenza italiana è avvenuto a partire dagli Sessanta, con i movimenti sessantottini e un percorso di emancipazione (ancora in corso) portato avanti anche dai movimenti femministi. A partire da quegli anni si inizia a rivendicare un ruolo per le donne che affondasse le sue radici nella storia della repubblica e della Resistenza.

Italia e antifascismo

Ogni anno l’Italia è costellata di eventi e manifestazioni in occasione del 25 aprile, ma quest’anno non sarà così: il divieto di assembramenti infatti impedisce di festeggiare. Per non far passare inosservata questa data, però, Carlo Petrini ha organizzato una “piazza virtuale”, una manifestazione online con conferenze e testimonianze da seguire in streaming. Nonostante gli eventi e le manifestazioni, l’Italia sembra avere qualche difficoltà a riconoscersi ancora come apertamente anti-fascista o, quanto meno, a condannare con fermezza atti di matrice fascista.

Il 25 aprile, infatti, sfileranno in piazza anche i militanti di Forza Nuova e i no-vax per manifestare contro la “dittatura della scienza”. Il motivo della manifestazione non ha nulla a che vedere con la Liberazione, ma certamente il fatto che uno dei partiti più apertamente neofascisti d’Italia abbia scelto proprio il 25 aprile per scendere in piazza, sfidando la legge, non è casuale. Negli ultimi anni partiti politici di estrema destra hanno preso sempre più consenso, nonostante la stessa Costituzione preveda il reato di apologia di fascismo. Quindi questo giorno è ancora più importante con il passare del tempo, perché non c’è Liberazione senza antifascismo.