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Svizzera, referendum: voto che potrebbe avere conseguenze sul mondo

Referendum

Domenica 29 novembre, la popolazione svizzera è stata chiamata al voto per esprimere la propria opinione su due referendum di rilevanza mondiale.

Domenica 29 novembre, in Svizzera, si sono tenuti due referendum particolarmente significativi che potrebbero avere ripercussioni a livello mondiale.

Voto e ruolo dei referendum in Svizzera

Sono molti i referendum che, ogni anno, vengono richiesti e indetti nella nazione svizzera ma quelli organizzati per domenica 29 novembre presentano una differenza sostanziale rispetto ai precedenti. Infatti, sono stati appoggiati e pubblicizzati molto attivamente dai rispettivi sostenitori: una simile circostanza potrebbe incidere sull’affluenza alle urne, incrementandola notevolmente.

La prima iniziativa sottoposta al voto riguarda l’introduzione del concetto di responsabilità delle aziende relativamente alle ripercussioni ambientali e sociali che le loro attività economiche e industriali producono a livello mondiale. La seconda, invece, prevede il divieto di rilasciare finanziamenti di qualsiasi genere ai produttori di armi.

I due referendum verranno approvati esclusivamente nel caso in cui riescano a ottenere la maggioranza dei votanti in ognuno dei 26 cantoni svizzeri.

La responsabilità sociale e ambientale delle aziende

La proposta oggetto del primo referendum viene presentata alle urne dopo più di un decennio di manifestazioni a sostegno dei diritti umani e ambientali, sviluppate da organizzazioni non governative svizzere, con il sostegno dei gruppi politici di sinistra.

L’iniziativa è stata intitolata «Per imprese responsabili – a tutela dell’essere umano e dell’ambiente» e, qualora passasse, comporterebbe l’introduzione di un nuovo articolo da aggiungere alla Costituzione federale del paese. Il nuovo articolo imporrebbe alle multinazionali svizzere di garantire la salvaguardia dei diritti umani e ambientali, secondo quanto previsto dal diritto internazionale, da parte delle rispettive controllate estere, compresi altri partner e fornitori commerciali. Le multinazionali si impegnerebbero anche a introdurre misure finalizzate a prevenire o sanare eventuali violazioni. Si richiede, poi, che le multinazionali si assumano la responsabilità «del danno che le imprese da esse controllate cagionano nell’esercizio delle loro incombenze d’affari, violando diritti umani riconosciuti a livello internazionale o norme ambientali internazionali». Inoltre, nel caso in cui le controllate estere compiano violazioni sarà possibile avviare un’azione legale nei confronti delle aziende coinvolte, con sede centrale in Svizzera, che verranno giudicare nei tribunali e secondo il diritto svizzero. A questo proposito, è fondamentale notare che la Svizzera sia una delle nazioni con il più alto concentrato di sedi di multinazionali al mondo che operano in ogni genere di settore (materie prime, industria chimica, alimentazione).

Divieto di finanziamento ai produttori di armi

La seconda proposta su cui la popolazione è chiamata ad esprimersi è stata intitolata «Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico». L’iniziativa, qualora ottenesse la maggioranza, imporrebbe alla Banca nazionale svizzera (BNS), alle fondazioni e alle casse previdenziali il divieto di concedere prestiti o di consentire investimenti a imprese che abbiano un fatturato annuo derivante dalla fabbricazione di materiale bellico superiore al 5%. Il divieto riguarderebbe anche la possibilità di acquistare azioni e prodotti finanziari collegati ad aziende che realizzano armi.

Negli anni passati, la Svizzera ha già approvato una legge che proibisce la produzione, il finanziamento e la commercializzazione di bombe a grappolo, mine antiuomo e armi chimiche, biologiche e atomiche. Attualmente il paese è impegnato nella costruzione e nell’esportazione di armi come pistole, carri armati e fucili d’assalto ma, secondo i datipresentati nel resoconto «Don’t bank on the bomb» elaborato dall’organizzazione non governativa PAX, sembra che la Banca nazionale svizzera (BNS), l’UBS, la società Fisch Asset Managment e la Credit Suisse abbiano investito oltre 9 miliardi di dollari in industrie che si occupano della realizzazione e della commercializzazione di materiali bellici vietati.

L’iniziativa votata il 29 novembre, pertanto, è stata fermamente sostenuta e pubblicizzata dal Gruppo per una Svizzera senza esercito e dai Giovani Verdi, supportati dalla sinistra svizzera e da numerose organizzazioni non governative.