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Fausto Filippone dichiarato idoneo ad avere il porto d'armi

fausto filippone

L'uomo di 49 anni, che ha ucciso la moglie e la figlia prima di togliersi la vita, non mostrava "alcuna paranoia o disturbo".

Un uomo abile a dissimulare, in grado di pianificare un duplice omicidio e un suicidio, senza che nulla trapeli all’esterno, e capace di mantenere una sorta di folle lucidità anche durante lo svolgimento dei fatti. Questo emerge dai dettagli che, di giorno in giorno, disegnano la personalità di Fausto Filippone, l’uomo di Chieti che ha ucciso moglie e figlia per poi togliersi la vita. Il 49enne pare soffrisse di depressione, senza averla mai curata. La causa scatenante della malattia potrebbe essere la morte della madre nel 2017. Si attendono comunque ulteriori precisazioni ufficiali a riguardo. Eppure, poco prima della tragedia consumatasi il 20 maggio, Filippone è risultato idoneo a possedere un’arma.

La richiesta di porto d’armi

Il manager non sembrava essere un grande appassionato di armi, eppure stava seguendo tutte le fasi necessarie per possederne una. Durante l’iter per ottenere il porto d’armi, la persona che ne fa richiesta deve sottoporsi anche a una visita psichiatrica. Filippone non ha saltato questo passaggio: il 15 maggio è stato dichiarato idoneo ad avere un’arma. Il manager ne avrebbe fatto richiesta per uso sportivo. Il sospetto, considerati gli eventi successivi, è un altro. Massimo Di Giannantonio, direttore del Dipartimento di Salute Mentale della Asl di Lanciano-Vasto- Chieti, è l’uomo che ha fatto da mediatore tra le Forze dell’Ordine e Filippone prima che questi si lanciasse dal cavalcavia. Giannantonio, che non ha eseguito personalmente la visita, riferisce al Fatto Quotidiano che Filippone, conclusi gli esami, è sembrato “(…) perfetto in ogni risposta: senza ansietà, o tono di cambio di umore, senza mostrare alcun segnale di paranoie o disturbi”. E’ doveroso precisare- lo fa lo stesso Giannantonio- che la pratica non si era ancora conclusa e non era stata inviata alla Prefettura.

Omicidi premeditati

Domenica 20 maggio Fausto Filippone ha un appuntamento al poligono di tiro per esercitarsi. L’impegno è stato disdetto. In tarda mattinata si consuma la prima parte del dramma che ha sconvolto un’intera famiglia, spezzando tre vite. Poco prima di mezzogiorno, il manager porta la moglie, Marina Angrilli, all’interno dell’appartamento di Chieti Scalo che la coppia affitta ad alcuni studenti fuori sede. Il 18 maggio, Filippone ha chiamato uno dei ragazzi che vive nella casa chiedendogli di non chiudere a chiave porta finestra che porta al balcone. Lo riferisce il Messaggero. Con questo dettaglio in più, pare sempre più evidente che l’omicidio sia già stato pianificato: Filippone infatti, secondo gli inquirenti, spinge la moglie giù dal balcone, facendola precipitare per una decina di metri. Quello che accade nei minuti successivi non è ancora stato ricostruito con certezza. Il cognato dell’uomo, Francesco Angrilli, ha specificato di attendere “le versioni ufficiali delle fonti istituzionali”: alcuni testimoni infatti, riferiscono che Filippone sia apparso nervoso all’arrivo della polizia e del personale sanitario, presenti per soccorrere Marina Angrillo, ma ha avuto la prontezza di riflessi di trovare una scusa per allontanarsi: il recupero dei documenti della moglie, lasciati in casa. Un espediente che gli ha permesso di fuggire e di uccidere la figlia Ludovica, di 10 anni, prima di togliersi la vita. In queste ore si attende l’esito dell’esame tossicologico previsto sulla piccola per capire se sia stata sedata prima del delitto.