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Un anno fa la tragedia di Masha Amini: la tensione in Iran non è diminuita

Mahsa Amini le proteste in Iran

A un anno dalla morte di Masha Amini le proteste continuano. Intanto il governo iraniano emana una nuova legge

Il 16 settembre, in Iran, si commemora la morte di Mahsa Amini, uccisa perché non indossava correttamente il velo. Lo scellerato gesto compiuto dalla polizia religiosa iraniana si era fin da subito tradotto in una serie di rivolte femminili (e non solo) a non finire.

Il 16 settembre: l’anniversario della morte della ragazza

In vista dell’anniversario delle proteste antigovernative scatenatesi il 16 settembre dell’anno scorso in seguito alla morte di Mahsa Amini, alcuni residenti di Teheran hanno lanciato slogan anti-Repubblica islamica dalle loro case durante la notte.

Lo riporta Bbc Persian, che ha diffuso alcuni video sul proprio sito in cui si sentono proteste provenire da diverse abitazioni.

La morte di Mahsa Amini lo scorso anno scatenò proteste antigovernative in Iran, con oltre 500 morti e quasi 20.000 arresti, come riporta ansa.it.

Gli ayatollah avrebbero preso di mira stabilmente anche attivisti, giornalisti e docenti universitari che hanno sostenuto il movimento di protesta “Donna, Vita, Libertà”: circa un centinaio di giornalisti sono stati fermati, interrogati o arrestati nell’ultimo anno.

Di recente, due croniste sono state condannate a quaranta mesi di reclusione per “cospirazione e collusione”. Attualmente, scontano un mese di pena, mentre il resto della condanna è “sospeso per 5 anni”, durante i quali non possono lasciare il paese e devono seguire un corso di “etica professionale.

Le proteste di opposizione in Iran

In Iran, si è assistito a una notevole evoluzione nella coscienza sociale, con il passaggio dalle proteste alla pratica della disobbedienza civile. Questo cambiamento ha portato sempre più donne a trovare il coraggio e la determinazione necessari per perseverare nella loro opposizione al regime.

Questo coraggio è stato alimentato anche da un crescente sostegno all’interno della società, che fino all’anno scorso aveva mostrato maggior timore nel prendere posizione.

In passato, il rifiuto di indossare il velo era considerato un gesto estremo in Iran. Tuttavia, oggi è sempre più comune vedere donne senza velo che protestano pubblicamente contro le rigide regole di abbigliamento del regime. Queste proteste si svolgono in diverse regioni, come il Sistan e il Baluchistan, e si estendono oltre la questione dei diritti delle donne, coinvolgendo anche la lotta per i diritti delle minoranze e contro la povertà. Nei campus universitari iraniani, si verificano anche proteste contro il regime e arresti di studentesse che si oppongono all’obbligo di indossare il velo.

Cosa prevede il nuovo disegno di legge

Il disegno di legge di 70 articoli propone anche nuove sanzioni severe per chi infrange le regole e l’uso dell’intelligenza artificiale per identificare le donne che violano il codice di abbigliamento. Il nuovo disegno di legge riclassificherebbe il mancato utilizzo del velo come un reato più grave, punibile con una pena detentiva da cinque a dieci anni e una multa più elevata.

Un’altra sezione afferma che la polizia iraniana deve “creare e rafforzare sistemi di intelligenza artificiale per identificare gli autori di comportamenti illegali utilizzando strumenti come telecamere fisse e mobili”.

La posizione dell’ONU e Amnesty International sulla “gender apartheid”

“Esortiamo le autorità a riconsiderare la legislazione obbligatoria sull’hijab in conformità con il diritto internazionale sui diritti umani e a garantire il pieno godimento dei diritti umani per tutte le donne e le ragazze in Iran”, hanno affermato gli esperti delle Nazioni Unite, spiegano al edition-cnn-com.

Mentre Agnès Callamard, Segretaria generale di Amnesty International dice in merito: “La comunità internazionale non può rimanere inerte mentre le autorità iraniane intensificano la loro oppressione contro donne e ragazze. La risposta degli stati non deve limitarsi a forti dichiarazioni pubbliche e interventi diplomatici, ma deve prevedere anche il perseguimento per vie legali per chiamare a rispondere le autorità iraniane responsabili di aver ordinato, pianificato e commesso violazioni diffuse e sistematiche dei diritti umani contro le donne e le ragazze attraverso l’uso del velo obbligatorio. Tutti i governi devono impegnarsi al massimo per sostenere le donne e le ragazze che cercano rifugio dalla persecuzione basata sul genere e dalle gravi violazioni dei diritti umani in Iran, assicurando loro un accesso tempestivo e sicuro alle procedure di asilo e, in nessun caso, permettendo il loro rimpatrio forzato in Iran”.