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Le Iene, il monologo di Chiara Gamberale sugli adolescenti: "L'età più ferita"

Iene monologo Chiara Gamberale

Le Iene, il monologo di Chiara Gamberale sugli adolescenti: l'invito a non aver paura del vuoto.

Ospite dell’ultima puntata de Le Iene, Chiara Gamberale ha portato in scena un bellissimo monologo dedicato agli adolescenti.

Le Iene: il monologo di Chiara Gamberale

Chiara Gamberale, nel corso dell’ultima puntata de Le Iene, ha portato in scena un monologo delicato, che ha dedicato agli adolescenti. La scrittrice ha esordito: “‘Valgo qualcosa solo se mi entusiasmo’. L’ha scritto Stendhal, ne La certosa di Parma. Non la sentite anche voi, nell’aria? Quest’umidità. Questa mancanza proprio di entusiasmo“.

Il monologo di Chiara è dedicato agli adolescenti

La Gamberale ha proseguito:

“L’età più ferita, oggi, è l’adolescenza, l’età dell’entusiasmo. L’età anche del buio, certo. Però che cos’è che può fare a braccio di ferro con il buio, quando si prende tutto? L’entusiasmo: una passione. Io ho poco da insegnare, chi conosce i miei romanzi sa che con il buio ho anche troppa confidenza… Però. Però, non dimentico mai quella bambina. Il portiere del mio palazzo mi veniva a prendere a scuola e poi rimanevo con lui nella guardiola ad aspettare mia madre. Che facevo? Niente. Tutto. Nel senso che se quel tempo non fosse stato assolutamente vuoto, a contatto solo con me stessa e anche con la noia, con l’angoscia, io non avrei scoperto, per esempio, di amare follemente leggere. Non avrei cominciato a scrivere storie, in quegli stessi anni, alle elementari. E un giorno non avrei potuto trasformare la mia più grande passione nel mio lavoro”.

Chiara invita gli adolescenti a coltivare una passione, ma anche ad apprezzare quel vuoto che si avverte in alcuni momenti dell’esistenza.

L’invito di Chiara agli adolescenti

Chiara Gamberale ha così concluso il suo monologo a Le Iene:

“Invece no, oggi stiamo sempre in contatto con qualcuno, con qualcosa e non perché mandare quel messaggio, guardare che succede su quel profilo ci interessa. Ma per paura del vuoto. Di rimanere fermi nella guardiola di quello che ci fa davvero bene, di quello che invece non ci riguarda per niente. Per capire: che cosa mi piace? Che cosa mi fa schifo? Chi sono io? Solo così, e parlo soprattutto a chi è ancora in tempo e ha 13, 15, 18 anni, considerando il vuoto un passaggio segreto, invece che una dannazione, potremo chiamare davvero nostra la vita che facciamo. Invece di subirla”.