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Migranti, rotta balcanica bloccata: i rischi per l'Italia

rotta balcanica

Il governo ungherese ha chiuso la frontiera sud con la Serbia, creando un nuovo scenario che potrebbe avere sviluppi imprevisti e, forse, tragici. Del resto, sono passati mesi da che Budapest ha annunciato la costruzione del muro a protezione del confine e ha dichiarato in modo aperto le proprie ...

Il governo ungherese ha chiuso la frontiera sud con la Serbia, creando un nuovo scenario che potrebbe avere sviluppi imprevisti e, forse, tragici.

Del resto, sono passati mesi da che Budapest ha annunciato la costruzione del muro a protezione del confine e ha dichiarato in modo aperto le proprie intenzioni: il premier Viktor Orban si è infondo solo limitato a tenere fede alle promesse fatte a suo tempo.

Le conseguenze, al momento sono di vario genere.

Presso Horgos, al confine fra Serbia e Ungheria, l’agenzia di stampa italiana Ansa ha riferito la presenza di uno sciopero della fame da parte di un centinaio circa di migranti che protestano contro la chiusura del confine anche mediante slogan, fischi e qualche insulto in direzione dei poliziotti e militari ungheresi che sorvegliano la zona.

Nel complesso, sarebbero già 174 i profughi arrestati mentre tentavano di entrare nel paese, secondo quanto ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa il Consigliere per la Sicurezza di Viktor Orban, Gyorgy Bakondi, il quale ha poi aggiunto che, nella giornata di ieri, le autorità magiare hanno esaminato 16 domande di asilo respingendole tutte in poche ore. Secondo alcuni media serbi, inoltre, ci sarebbero altre 32 domande in attesa di esame.

La situazione, da questo punto di vista, è che la maggior parte dei migranti preferirebbe non registrarsi in Ungheria (operazione prevista invece dagli accordi di Dublino in quanto paese di ingresso nell’Unione Europea), perché intenzionata a raggiungere in tempi successivi altre mete, prima fra tutte la Germania, seguita dalla Svezia o da altri paesi dell’Europa settentrionale.

Lungo il confine ungherese, intanto, le maggiori preoccupazioni riguardano le due contee della zona sud per le quali Budapest ha dichiarato lo stato di emergenza, che garantisce poteri straordinari alle forze di polizia e prevede l’impiego di forze militari per il controllo della frontiera con la Serbia. Non è noto se sia previsto o consentito l’uso delle armi e, nel caso, secondo quali consegne.

Il quadro attuale non consente di ipotizzare che a breve possano intervenire sostanziali cambiamenti. Il vertice europeo non è riuscito ad approvare il meccanismo di ricollocamento dei migranti (meritandosi peraltro lo sprezzante commento del ministro tedesco Gabriel, secondo il quale l’Unione Europea “si è coperta di ridicolo”) e il sistema stesso di prima accoglienza e identificazione è in grossa difficoltà, tanto da indurre la Cancelliera Angela Merkel ha chiedere a Italia e Grecia l’attivazione degli hotspot, i centri per la raccolta dati sui migranti mediante fotosegnalamento e rilievo delle impronte digitali.

Il timore, a questo punto, è che i migranti che hanno finora seguito la cosiddetta rotta balcanica, entrando in Europa dall’Ungheria, si dirigano verso ovest per tentare l’ingresso attraverso Croazia e Slovenia, arrivando, in definitiva, sul confine italiano.

Al momento, l’Italia, a differenza ad esempio dell’Austria, non ha attivato alcun controllo ai confini, quindi l’ingresso nel nostro paese è tuttora libero e soggetto poi alla procedura di identificazione e accoglienza. Il sistema, però, rischia di andare in crisi già allo stato attuale, quindi un ulteriore incremento del flusso di migranti o delle zone soggette alla pressione di tale flusso potrebbe essere fatale.

L’identificazione di una politica comune europea è quanto mai urgente, anche se, tutto sommato, tale politica si sta, nei fatti, già definendo nella forma di una progressiva chiusura dei confini.