> > “Mio padre è morto abbandonato per 26 ore su una barella in ospedale”

“Mio padre è morto abbandonato per 26 ore su una barella in ospedale”

Luca Paladini

Un calvario che non ha forse profili penali ma di certo denota carenze: “Mio padre è morto abbandonato per 26 ore su una barella in ospedale”

Parole che pesano come macigni: “Mio padre è morto abbandonato per 26 ore su una barella in ospedale”. Fa scalpore la denuncia di Luca Paladini de I Sentinelli su un preesunto episodio di malasanità. L’attivista per i diritti Lgbt e candidato alle Regionali in Lombardia con la lista civica che sostiene Pierfrancesco Majorino ha denunciato tutto a Fanpage. Ecco uno stralcio di quello che sostiene Paladini: “Mio padre ha rischiato di morire senza dignità. Per fortuna gli è stata concessa appena in tempo”. 

“Mio padre è morto abbandonato su una barella”

L’episodio risale al 12 gennaio, quando purtroppo suo padre è morto  all’ospedale Sacco di Milano dopo essere stato lasciato “per 26 ore su una barella del pronto soccorso”. Racconta Luca: “Mio papà era un uomo di 87 anni, disabile al 100 per cento e al quale, dopo l’esperienza del Covid-19, era stata diagnosticata la demenza senile. Lo accudivo io. Nella sera tra il 7 e l’8 gennaio ha iniziato ad avvertire dolori allo stomaco e vomito. Il 9 gennaio lo ha visitato il medico di base che ci ha spiegato che potevano esserci problemi legati a qualche infezione”. Dopo la prescrizione di alcuni farmaci e la raccomandazione per un ricovero in caso di aggravamento l’uomo è arrivato al Sacco di Milano

La prima visita, poi uno lungo “stand by”

Ha spiegato Paladini: “La prima visita è avvenuta quasi subito nonostante il pronto soccorso fosse abbastanza intasato”. Bisognava fare altri accertamenti però: “Io ho chiesto di poter rimanere, ma mi hanno detto di tornare a casa perché ci sarebbero volute delle ore. Mi hanno detto che mi avrebbero telefonato loro per darmi notizie”. Poi però fino a sera non aveva chiamato nessuno. “Alle 7 di sera una persona del pronto soccorso mi ha risposto e mi ha dato la stessa diagnosi che mi avevano dato diverse ore prima”. E il giorno dopo? Nessuna telefonata. Paladini quindi è tornato in ospedale: “Sono entrato e l’ho cercato tra le tantissime barelle, una in fila all’altra, e ho riconosciuto mio padre quasi con fatica. Non era lo stesso uomo che avevo lasciato il giorno prima. Era un uomo morente, agonizzante, con una flebo attaccata alla vena“. Dopo una richiesta di delucidazione Luca ha saputo che il padre andava “immediatamente spostato ed è finito sempre all’interno del pronto soccorso in un luogo che si chiama “sala emergenza”. 

“Cosa ci ha insegnato il Covid?”

E ancora: “Da quel momento ho avuto la sensazione che si stavano prendendo cura di mio padre, ma erano già passate 26 ore. Mio padre ha passato qualche ora in sala emergenza. Dopodiché la notte tra mercoledì e giovedì è stato trasferito nel reparto Malattie Infettive e il giorno dopo, il 12 gennaio, è morto in un reparto dove ho colto cura e attenzione, però c’è quel buco di 26 ore“. Attenzione, Paladini non attribuisce colpe ma evidenzia carenze gravi: “Siamo ancora di fronte al fatto che il pronto soccorso si vede investito da una mole di persone che non sa gestire perché non esistono strutture intermedie, come potrebbero essere le case comunità, e perché i medici di base sono vissuti ormai come burocrati. Questo significa che tutti vanno in pronto soccorso”. E in chiosa: “Per la mole di lettini che ho visto parcheggiato, c’era una evidente carenza di medici, infermieri e operatori. Per questo mi chiedo: cosa ci ha insegnato il Covid?