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Omicidio Vannini: le motivazioni della Corte d'assise

omicidio Vannini

Il verdetto della Corte d'Assise stabilisce che la famiglia Ciontoli aveva agito con lo scopo di proteggere il marito sul posto di lavoro

A tre anni dall’omicidio Vannini, vengono rese pubbliche dalla Corte d’assise quelle che sarebbero state le motivazioni di Ciontoli. L’uomo avrebbe lasciato morire il ragazzo per evitare ripercussioni sul lavoro. Ciontoli aveva sparato al ragazzo, allora fidanzato della figlia, ed è condannato a 14 anni di carcere con l’accusa di omicidio volontario.

Le motivazioni della sentenza

“Si è comportato con il prevalente intento di attenuare le conseguenze dannose nel suo ambito lavorativo“. E’ quanto si legge dal verdetto della Corte d’assise, in riferimento all’omicidio di Marco Vannini. Il ragazzo fu ucciso il 17 maggio 2015 con un colpo di pistola sparato da Antonio Ciontoli, il padre della sua ragazza e condannato in seguito a 14 anni di carcere. Ma sotto indagine sono finiti anche gli altri membri della famiglia Ciontoli, in quanto non si sono opposti al comportamento dell’uomo e lo avevano, al contrario, nascosto. La sentenza commenta infatti che: “La moglie e i figli sono soggetti adulti, di cultura medio alta, capaci di adottare condotte opposte a quelle tenute”.

La sentenza di primo grado era stata contestata dalla procura di Civitavecchia, che ha fatto ricorso in seguito al primo verdetto che aveva decretato una pena di 14 anni per Ciontoli e 3 anni a testa per i membri della famiglia Maria Pezzillo, la moglie, e i figli Federico e Martina. La sentenza è stata pubblicata lo scorso 18 aprile e aveva fatto discutere tanto la Procura quanto l’opinione pubblica. La Procura aveva chiesto 21 anni per l’uomo e 14 anni per la moglie e i figli.

Il “branco”

La moglie e i figli di Ciontoli sono stati coinvolti nella sentenza con l’accusa di concorso in omicidio. Il loro comportamento è stato spesso definito come quello di un “branco”: i membri infatti hanno mentito più volte e si sono coperti a vicenda per esempio nel ritardare l’intervento dei soccorritori, in seguito al colpo sparato da Ciontoli. Secondo la Procura, il giovane si sarebbe potuto salvare se la famiglia avesse avuto un atteggiamento diverso e con un arrivo più tempestivo del 118. Al momento della lettura della sentenza la madre del ragazzo aveva gridato ripetutamente “Vergogna!”. L’opinione pubblica si era anche schierata con la madre, criticando l’insufficienza della pena, ed organizzando una marcia di commemorazione.

Marco Vannini fu sparato a soli 20 anni in casa dei Ciontoli a Ladispoli, una località sul lungomare tra Roma e Civitavecchia. La famiglia chiama i soccorritori con molto ritardo e al loro arrivo decidono di non collaborare, lasciando che sia il personale sanitario a scoprire le cause della morte del ragazzo – un foro nel fianco causato da un proiettile che verrà rilevato quando era già troppo tardi – cercando di occultare in tutti i modi le prove e di concordare una versione dei fatti comune che li scagionasse.