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Otto regioni a rischio zona arancione, ma c'è un piano per evitarla: il caso di Lombardia e Lazio

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Dal governatore della Lombardia è giunta una proposta per allontanare il rischio che le regioni finiscano in zona arancione.

Con l’aumento dei contagi e dei ricoveri legati al Covid, otto regioni italiane corrono il rischio di finire in zona arancione tra il 17 e il 24 gennaio 2022. C’è però un piano per evitarla che parte da un’evidenza portata nel dibattito pubblico dalla Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso), ovvero il fatto che un ricoverato su tre attualmente si scopre positivo in ospedale ma non è malato di Covid-19.

Regioni a rischio zona arancione: il piano della Lombardia

A rischiare maggiormente il passaggio di zona e dunque l’introduzione di nuove restrizioni sono Piemonte, Calabria, Liguria, Sicilia, Valle d’Aosta, Veneto, Lombardia e Lazio. Il governatore lombardo Attilio Fontana ha però spiegato, in un’intervista a La Stampa, come si potrebbe evitare. Attualmente nella sua regione il tasso di occupazione dell’area medica è al 30,6% (sopra la soglia per passare in arancione) e quello delle terapie intensive al 167%.

Ma, dato che la variante Omicron è una cosa completamente nuova con reazioni e modalità di sviluppo non più paragonabili al vecchio Covid, la sua proposta è di cambiare strategia nella conta dei ricoveri non inserendo nell’elenco chi è positivo ma asintomatico e si trova in ospedale per altre patologie. In questo modo, considerati i dati della Fiaso, la percentuale di posti in degenza ordinaria effettivamente occupati da malati Covid scenderebbe sotto l’asticella e si allontanerebbe il rischio del passaggio di zona.

Regioni a rischio zona arancione: il caso Lazio

Anche per il Lazio la zona arancione sembra imminente, dato che le rianimazioni occupate sono già oltre la soglia e i ricoveri in regime ordinario stanno per raggiungerla. A meno di una netta inversione di tendenza, dal 24 gennaio 2022 potrebbe dunque avvenire il salto di fascia. Per questo la Regione sta correndo ai ripari chiudendo le attività programmabili per tentare di evitare il collasso del sistema sanitario. Resteranno comunque garantiti tutti gli interventi oncologici così come quelli considerati di massima importanza per la vita dei pazienti.