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Coronavirus, anche giovani possono andare in terapia intensiva: il motivo

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I giovani non sono immuni al coronavirus e anche loro possono aver bisogno della terapia intensiva

Il fatto che i giovani positivi al coronavirus non necessitino della terapia intensiva è una fake news che nel corso dei giorni sta trovando sempre meno sostenitori. Certo, i casi peggiori di malattia si riscontrano ancora in soggetti anziani o con patologie pregresse, però è importante sottolineare come anche il numero di giovani che necessitino di un supporto respiratorio stia aumentando in tutta Italia, da Nord a Sud. Il primo a dar conto della diversa età dei nuovi pazienti è stato il dottor Luca Lorini, direttore dell’Unità di Anestesia e rianimazione 2 dell’Ospedale Papa Giovanni di Bergamo: “Il tipo di paziente sta cambiando, è un po’ più giovane, ha dai 40 ai 45 anni. Stanno arrivando persone che si sono ammalate sei o sette giorni fa e si sono curate a casa, ma le condizioni sono poi diventate critiche”.

I numeri dei giovani in terapia intensiva

Nell’ospedale di Bergamo del dottor Lorini, su 80 posti in rianimazione 30 sono occupati da under 60. All’Ospedale San Paolo di Milano è stato intubato un 42enne e in poche ore sono arrivati tre 50enni e un 48enne. Tutti godevano di ottima salute. Dallo stesso ospedale è importante però anche dire che sono stati dimesso due uomini di 49 e 55 anni. Al San Raffaele e San Donato di Milano 7 posti su 42 posti di terapia intensiva, sono occupati da under 50, di cui uno ha 18 anni. All’Ospedale San Matteo di Pavia, dove è ricoverato MM, il paziente 1 di Codogno, c’è anche una ragazza di 30 anni. A questi dati fanno poi seguito quello dell’Istituo Superiore di Sanità secondo i quali tra i ricoverati in terapia intensiva il 12 % ha meno di 50 anni e nessuno ha meno di 18 anni: l’11,9% ha tra i 19 e i 50 anni, il 51, 2% tra i 51 e i 70 anni,il 36,9% è over 70. L’età media delle persone fin qui morte per coronavirus è di 80 anni e solo due pazienti under 40 non ce l’hanno fatta, entrambi con patologie pre esistenti. Tra i 40 e i 49 anni sono morte quattro persone.

Perchè i giovani sono più soggetti al contaggio?

La poca attenzione mostrata dai giovani nei confronti della diffusione del virus, specie nei primi momenti in cui questo iniziava a propagarsi in Italia, potrebbe portare ad un aumento considerevole di casi riguardanti i più giovani. A giocare a loro svantaggio potrebbe essere l’essersi considerati forti e immuni rispetto al virus e aver continuato ad avere una vita molto orientata alla socialità. “È verosimile aspettarci casi in questo weekend – dice Silvio Brusaferro dell’Istituto Superiore di Sanità in conferenza stampa – in parte come effetto dei comportamenti assunti lo scorso fine settimana. L’incubazione è tra 4 e 7 giorni: abbiamo visto folle assembrate al mare o in stazioni sciistiche o in mega aperitivi, luoghi dove probabilmente il virus ha circolato. Una parte di quelle persone nei prossimi giorni probabilmente mostrerà una sintomatologia. È un’ipotesi, vedremo le curve, speriamo di essere smentiti dai fatti». Per il professor Pierluigi Lopalci, epidemiologo dell’Università di Pisa, l’aumento dei contagi nelle fasce più giovani di età sarà inevitabile: “Ricordiamoci che in Cina, dove gli anziani sono meno che in Italia, la classe più colpita sono stati proprio i giovani adulti. In Italia i primi cluster d’infezione sono nati intorno agli ospedali, più frequentati da anziani, e in piccoli centri. Ora il virus si è diffuso, circola molto di più in tutto il Paese e sono proprio le persone più giovani, con tanti contatti sociali, a rischiare di più il contagio se non si attengono alla regola del distanziamento sociale, cosa che, nonostante gli appelli non è successa se non negli ultimissimi giorni (e non dappertutto) quando l’intera Italia è stata blindata”,