> > Terapia domiciliare Covid-19: Aulin e Aspirina possono diminuire il rischio d...

Terapia domiciliare Covid-19: Aulin e Aspirina possono diminuire il rischio di ricovero

terapia domiciliare Covid-19 Aulin

Ricercatori dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e dell'Istituto Mario Negri hanno messo a punto un nuovo protocollo per la terapia domiciliare.

A un anno dallo scoppio della pandemia, proseguono gli studi per individuare le terapie più efficaci contro il coronavirus. Oltre all’uso del paracetamolo, a un’abbondante idratazione per via orale e, quando necessari, anche sedativi per la tosse, un nuovo studio sulla terapia dominciliare contro il Covid-19 sembra evidenziare l’efficacia di Aulin e Aspirina. In tal caso, la terapia aiuterebbe ad abbassare i rischi di ricovero. La ricerca, tuttavia, deve ancora essere confermata.

Terapia domiciliare contro il Covid-19

Un gruppo di medici e ricercatori dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri ha individuato un nuovo protocollo per il trattamento domiciliare dei pazienti positivi al coronavirus. Con la terapia delineata dagli studiosi si vuole contrastare nell’immediato la replicazione virale, che cresce nei primi dieci giorni. Serve agire subito, prima ancora di essere sottoposti a tampone. Bisogna intervenire non appena compaiono sintomi riconducibili a quelli del Covid-19 e ormai noti a tutti. Il protocollo dell’Istituto Mario Negri è proposto sotto controllo medico.

Tale terapia domiciliare prevede l’uso dell’acido acetilsalicilico, l’antinfiammatorio più comunemente noto come Aspirina. In caso di comparsa di dolori, si assume anche l’Aulin. Nei casi più seri potrà essere prescritto l’uso del cortisone, che non può essere assunto liberamente né quando si desidera. Bisogna seguire le indacazioni del proprio medico, che potrà prescrivere il cortisone quando le condizioni del paziente appaiono più severe.

I risultati dello studio

Dopo aver riscontrato che gli anticorpi contro il coronavirus, per lo più neutralizzanti, restano in circolo fino a 10 mesi, si cercano nuove cure per combattere la malattia. Il nuovo protocollo, individuato dai ricercatori bergamaschi già lo scorso novembre, è dettagliato nell’articolo “A recurrent question from a primary care physician: How should I treat my COVID-19 patients at home? An update”. La terapia è stata proposta da scienziati autorevoli, come Giuseppe Remuzzi, Monica Cortinovis, Fredy Suter e Norberto Perico. Una trentina di medici di famiglia si sono mostrati favorevoli alle cure proposte e le hanno già prescritte a circa 500 pazienti.

Dalla ricerca condotta, il professor Remuzzi e i suoi colleghi hanno riscontrato nel loro protocollo significativi benefici, diminuendo in particolare il rischio di ospedalizzazione e la durata di giorni di ricovero. Tra i 90 pazienti trattati con il nuovo protocollo, solo in due (pari al 2,2%) hanno avuto bisogno delle cure ospedaliere, contro i 13 pazienti ricoverati (14,4%) dopo aver ricevuto altri regimi terapeutici.

Appare più lungo, invece, il tempo medio di guarigione dai sintomi principali dell’infezione: 18 giorni per i pazienti del protocollo Mario Negri, contro i 14 del gruppo di controllo. Ma persistono meno i sintomi minori, per esempio i dolori articolari.

Gli studiosi dell’Ospedale di Bergamo e dell’Istituto Mario Negri attestano quindi che la terapia basata su Aspirina, Aulin ed eventuale cortisone garantirebbe una protezione maggiore dal rischio di ricovero in ospedale. Tuttavia, i risultati emersi finora devono ancora essere sottoposti a revisione paritaria. In un’intervista all’Huffington Post, il dottor Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie, ha dichiarato: “Non posso commentare una ricerca in preprint, perché si tratta di una bozza di articolo scientifico che non è stato ancora valutato da una rivista accademica. Quando si commenta uno studio bisogna tener conto non soltanto dei risultati, ma anche del metodo, di quante persone si compone il campione esaminato, quanti sono i casi omogenei, e così via. Quando lo studio verrà pubblicato ci pronunceremo. D’altronde la scienza non è fatta di annunci, ma di evidenze e prove”.