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Chiama "Terrone" su Facebook un ragazzo morto: condannato

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Un operaio torinese è stato condannato per aver insultato su Facebook Stefano Pulvirenti, ragazzo morto nel 2015 a 17 anni

Un operaio torinese aveva insultato pesantemente Stefano Pulvirenti, ragazzo morto nel 2015 all’età di soli 17 anni. Nell’insulto, l’incivile individuo ha fatto cenno alla provenienza del giovane defunto, commentando, soddisfatto, che c’era “un terrone in meno da mantenere”. Il commento, pubblicato su Facebook, è stato giustamente segnalato, e adesso è arrivata la condanna. L’uomo utilizzava un profilo fake. Ma gli investigatori sono comunque arrivati a lui.

Ragazzo morto insultato

Insultare sui social network non deve passare incolume. Un operaio 42enne, originario di Settimo Torinese, ha deciso di patteggiare una condanna a mille euro oltre alle spese processuali a Siracusa. L’uomo è reo di aver scritto su Facebook, con un profilo fake, la frase “Sono felicissimo un terrone in meno da mantenere”. Il condannato si riferiva a Stefano Pulvirenti, ragazzo morto a 17 anni, siracusano. Il giovane era spirato in seguito ad un incidente stradale nel novembre del 2015, dopo una lunga e sofferente agonia di 23 giorni.

Ma l’operaio era andato anche ben oltre. Aveva aggiunto infatti: “Quando vedo queste immagini – aveva ancora scritto l’operaio – e so che nella bara c’è un terrone ignorante, godo tantissimo. Peccato che ero al Nord altrimenti avrei c…..o su quella bara bianca. Buonasera terroni merdosi. Non è morto nessuno di voi oggi?”.
Alcuni amici e compagni della vittima, visti gli insulti, hanno immediatamente fatto denuncia. A quel punto, la procura ha deciso di incaricare i carabinieri del nucleo investigativo telematico per scoprire chi ci fosse in verità dietro al profilo Fake che ha insultato il ragazzo morto.

Gli inquirenti, all’inizio dell’anno 2016, sono giunti alla persona che, in modo vigliacco, si celava dietro il falso profilo su Facebook. Successivamente, è giunta la richiesta di giudizio per diffamazione aggravata da odio razziale, e adesso la condanna. Ora, si passerà in sede civile con una domanda di risarcimento.

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Carabiniere insultato

Episodi come questo sono parte dei nostri tempi, ed è giusto che vengano segnalati. Sui social, anche se tecnicamente si può, non tutto quello che passa per la testa dovrebbe essere concesso. In alcuni casi anche i like di sostegno. 22 frequentatori dei social network della provincia di Lecce che misero il ‘mi piace’ a maleducati commenti, che erano dei veri e propri insulti, rivolti a un brigadiere dei carabinieri dovranno sostenere un processo. La vicenda risale all’anno 2013. L’inizio del processo è previsto per il prossimo novembre.

Il brigadiere della Compagnia di Casarano, in seguito ad un controllo stradale, sequestrò il motorino, sprovvisto di assicurazione, di Marco Antonio Giannelli, 33enne figlio dell’ergastolano Luigi. Il giovane aveva pubblicato le foto del controllo, con il carabiniere in evidenza. Marco Antonio Giannelli aveva accompagnato le immagini con insulti e auguri come una morte ‘tra atroci sofferenze’. Il brigadiere che decise di presentare querela, contro anche le numerose persone che hanno sostenuto il post con i ‘mi piace’.
Tutti questi, più Giannelli, sono stati citati a giudizio, per diffamazione da Massimiliano Carducci, sostituto procuratore di Lecce.