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Illecito smaltimento di rifiuti e scarico di acque reflue industriali senza titolo. Guardia Costiera sequestra autolavaggio ad Ischia

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Continua incessante l'attività della Guardia Costiera di Ischia coordinati dal TV Alessio DE ANGELIS a tutela della matrice ambientale. A finire nel mirino della Polizia Giudiziaria questa volta è stato il titolare di un autolavaggio. Infatti ieri gli uomini della Guardia Costiera hanno dato esecu...

Continua incessante l’attività della Guardia Costiera di Ischia coordinati dal TV Alessio DE ANGELIS a tutela della matrice ambientale. A finire nel mirino della Polizia Giudiziaria questa volta è stato il titolare di un autolavaggio. Infatti ieri gli uomini della Guardia Costiera hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo emesso dall’autorità giudiziaria sottoponendo a vincolo cautelativo un autolavaggio sito nel Comune di Ischia. Al titolare dell’attività in parola sono state contestate violazioni in materia ambientale previsti dal vigente Testo unico, nello specifico illecito smaltimento di rifiuti e scarico di acque reflue industriali senza titolo.

Questo è quanto si legge nella nota ufficiale diffusa dalla Guardia Costiera al termine delle attività che hanno portato alla temporanea sospensione delle attività e alla chiusura degli impianti. I militari del Circomare hanno apposto i sigilli agli impianti e all’ingresso della struttura in attesa di nuove deduzioni e degli esiti delle attività poste in essere dagli inquirenti.

Lo scarico di acque industriali, quali ad esempio quelle prodotte da un autolavaggio, devono essere autorizzate costituendo altrimenti un reato di natura ambientale. Ed è per questo che il noto ed accordato centro ischitano è finito nelle maglie della giustizia.

A ribadirlo è stata la Suprema Corte con una sentenza, la n.2655 del 21 luglio 2016, che ha fatto molto discutere e che di sicuro avrà degli strascichi per l’isola d’Ischia alle prese ormai da anni con il problema degli scarichi e della depurazione pagata dai contribuenti e di fatto non effettuata dall’azienda, il CISI, che si occupa del trattamento e dello smaltimento delle acque isolane.

LA NORMA

In particolare è pacifico in giurisprudenza che la nozione di acque reflue industriali (vedi Cass. Sez III n. 174 del 2000 cit.), di cui al decreto legislativo n. 152 del 1999 modificato dal decreto legislativo n. 258 del 2000 ha lasciato immutato il pregresso orientamento, perché dette acque concernono qualsiasi tipo di quelle scaricate da edifici in cui si svolgono attività commerciali o industriali, sicché l’articolo indeterminativo comprende tutti i tipi di acque reflue pure provenienti da insediamenti commerciali, mentre la caratterizzazione dei reflui è operata in senso negativo, giacché le predette devono essere diverse da quelle domestiche e meteoriche di dilavamento.

In tal modo sono escluse soltanto le acque reflue di dilavamento provenienti da attività industriali, mentre la tipologia delle acque reflue domestiche è descritta come quelle “provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi” (nei quali non possono essere incluse le attività di autolavaggio) e “derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche”, onde ogni dubbio sull’assimilabilità alle acque reflue domestiche viene fugato.

SCARICHI E AUTORIZZAZIONE, BRIVIDO ISCHITANO: CONTROLLI A TAPPETO SU TUTTO IL TERRITORIO

Il polverone sollevato negli ultimi mesi riguardo i controlli degli impianti termali e gli scarichi alberghieri sull’isola d’Ischia ha fatto emergere diverse situazioni legate all’inquinamento ambientale rilevati in alcune attività isolane. Le indagini svolte dalla Guardia Costiera in concomitanza con gli agenti degli altri corpi di PG hanno portato all’individuazione di altre e diverse irregolarità collegate a varie aziende ed in particolare ad impianti di lavaggio per auto nella città di Ischia.

Il che fa emergere il rischio e la concreta possibilità che al provvedimento di temporanea interdizione del centro di lavaggio ischitano, possano susseguirne altri.

Sembrerebbe esserci stato un controllo totale sul territorio e in casi come quello in questione, sono state chiuse temporaneamente delle attività che non avevano un impianto di purificazione degli scarichi prima che i liquidi residui del lavaggio finissero all’interno della rete fognaria. Una realtà comune a molte aziende. Nel frattempo dai corridoi dei palazzi comunali nulla sta cambiando, l’autorizzazione ad esercitare l’attività di commercio dovrebbe essere rilasciata solo dopo che il richiedente abbia presentato anche l’autorizzazione unica ambientale che attesta la correttezza dell’impianto. Una polemica che torna a far rumore e che di certo non lascia immune lo stesso CISI.