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Le sfide delle donna dell'epoca vittoriana

Epoca Vittoriana

Cos'hanno comportato il conservatorismo e la rigidità morale dell'Epoca Vittoriana per una donna? Ecco qual era la condizione femminile durante il regno della regina Vittoria.

L’Epoca Vittoriana della storia moderna si riferisce alla seconda parte del diciannovesimo secolo, dal 1835 al 1900. Il suo nome si associa al lungo regno di uno dei più famosi sovrani del Regno Unito, la regina Vittoria. Durante l’Epoca Vittoriana, il potere e l’influenza dell’Impero Britannico, toccarono il loro apice. La regina governava più di un quarto della popolazione mondiale. Come conseguenza, il conservatorismo sociale della Regina Vittoria, il quale includeva restrizioni culturali e sociali per le donne, diventò uno standard culturale in tutto l’Occidente e i paesi di cultura anglosassone. Questo conservatorismo ha avuto forti ripercussioni anche sul ruolo della donna nella società.

La regina Vittoria e l’Epoca Vittoriana

La regina Vittoria stabilì, durante il suo regno, le norme per il ruolo delle donne nel mondo Occidentale. Sebbene fosse la sovrana del più grande, ricco e potente impero del periodo, e avesse gli strumenti per godere di qualsiasi stravaganza lei desiderasse, manifestò, in realtà, una condotta mite e conservativa, rimanendo lontana dagli scandali e prendendosi cura dei suoi figli e del marito. Il suo stile di vita fissò l’esempio per la condotta sociale dell’epoca. Secondo un articolo della BBC sulle donne vittoriane, “la Regina Vittoria tornò a rappresentare un tipo di femminilità che era incentrata sulla famiglia, sull’essere madre e sulla rispettabilità della persona. Vittoria divenne un’icona della femminilità borghese e della vita familiare alla fine del diciannovesimo secolo”.

La donna ideale

Durante i primi anni dell’Epoca Vittoriana, era previsto che le donne seguissero l’esempio della regina Vittoria. Secondo la BBC, “la donna ideale” era colei “la cui vita girava intorno alla sfera domestica della casa e della famiglia”. Questo fu un passo indietro rispetto al secolo precedente quando la Rivoluzione Industriale era iniziata e le donne potevano cercare lavoro nelle nuove fabbriche in costruzione. Sebbene, a volte, la necessità economica portava molte donne a dover trovare lavoro fuori casa, sia come governanti presso case benestanti sia nelle fabbriche, ci si aspettava comunque che fossero loro ad occuparsi completamente della casa. Sempre la BBC dice, “era attraverso i loro compiti dentro casa che alle donne veniva riservata una missione morale verso le loro famiglie – specialmente verso i mariti – e verso la società nel suo insieme”.

Gli obblighi del matrimonio

Durante il primo secolo della Rivoluzione Industriale, le donne lavoratrici avevano conquistato alcuni diritti, sebbene limitati, nella società Occidentale. Potevano negoziare orari di lavoro migliori e paghe più alte. Per certi versi, manifestavano anche un controllo su come queste paghe dovevano essere spese. Durante l’Epoca Vittoriana, comunque, i passi avanti fatti dalle donne nel secolo precedente furono annullati. Per quasi tutto il XIX secolo, specialmente in Inghilterra, gli uomini che potevano presiedere gli estesi avamposti dell’impero erano pochi e rari. Ci si aspettava, quindi, che le donne facessero la loro parte portando i loro figli ad arruolarsi. Secondo l’Hastings Press, un sito dedicato alla storia Vittoriana delle donne in Inghilterra, “le donne avevano poca scelta nel matrimonio. Ogni cosa possedessero, ereditassero o guadagnassero, automaticamente apparteneva ai loro mariti. Ogni uomo aveva il diritto di costringere la propria moglie al sesso e al parto”. Le donne non potevano protestare contro gli usi della società. Per questo la condizione femminile in epoca vittoriana è considerata alla stregua della schiavitù. Florence Fenwick Miller, citata dall’Hasting Press, dice “attraverso una serie di leggi, le donne erano state ridotte alla più estrema condizione di schiavitù legale”.

La donna come oggetto

Le donne vittoriane venivano viste come poco più di un addobbo per vetrine dai loro mariti. Sebbene già nei secoli precedenti fossero state degradate come cittadine di seconda classe, scambiate come proprietà tra padri e mariti, e costrette nelle fabbriche a guadagnare denaro per la famiglia, l’Epoca Vittoriana vide il declassamento della donna raggiungere nuovi livelli. Il conservatorismo culturale che le relegava nelle loro case e le rendeva schiave dei loro mariti e padri, vide le donne trasformarsi. Nelle menti degli uomini dell’epoca la donna diventa sottomessa. Le qualità richieste erano la modestia, la dolcezza, la completa obbedienza all’uomo. Quando una donna falliva nel suo ruolo, veniva brutalmente punita. Hastings cita più volte R.J. Cruikshank, uno storico che scrisse sulla situazione della società Vittoriana, e che, riferendosi agli uomini di Epoca Vittoriana, disse “fecero un disastro sul ruolo della donna. La donna in astratto doveva essere radiosa come un angelo, raffinata come una fata. Doveva essere un quadro sulla parete, una statua in un tempio. Doveva diventare Elena, Beatrice, La Damigella Beata, La Dama di Shalott. Un romanticismo tanto delirante che poteva portare solo infelicità alle cose”.

Gli abiti vittoriani

Parte integrante dei doveri della donna era un corretto abbigliamento. Le donne Vittoriane indossavano abiti casti, progettati per tenere a distanza i pensieri impuri e gli uomini. Niente doveva macchiare l’immagine di creature radiose incapaci di vizi o peccati. Hasting Press dichiara, ancora una volta, che le donne del periodo erano costrette in corsetti stretti di merletto e ingombranti gonne a strati che trascinavano per terra e impedivano loro di muoversi liberamente. “Gli abiti fasciavano una donna strettamente e la isolavano completamente dal mondo. Si supponeva fosse incapace di qualsiasi indecenza morale. La tenuta d’abbigliamento aiutava a riflettere la purezza delle donne agli occhi degli uomini. Le donne del periodo, così eleganti e morigerate, erano presentate all’immaginazione maschile come meravigliosi doni da confezione regalo”.